Pensieri



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mercoledì 20 luglio 2011

Villa de Capoa a Campobasso è off-limit per i disabili per i genitori con passeggini


di Paolo Giordano

“Che senso avrà spendere dei soldi per strutture che poi non sono fruibili?” E’ questa la domanda ricorrente che si pone chi vuole entrare in villa de Capoa da viale duca D’Aosta, usufruendo della rampa di scivolo per disabili: una catena con lucchetto la sigilla dall’eterno!
Nel realizzarla la Legge è stata rispettata. Essa non è utilizzabile, ma ciò poco importa…del resto…lo si dica chiaramente…e con la dovuta ironia…i disabili, e tutti coloro che hanno difficoltà motorie, “che ci devono andare a fare in villa?!”
La vita, però, è strana! Potrebbe arrivare uno di quei tragici giorno (e Dio non voglia) che sconvolgono la vita. Ed ecco che i normodotati di oggi potrebbero trovarsi a vivere problemi motori transitori o tragicamente irreversibili. Ed è allora che si renderanno conto di quali sono le reali difficoltà di chi, già da adesso, non è totalmente autosufficiente.


Villa de Capoa a Campobasso, l'isola che la domenica non c'è

di Paolo Giordano

La Villa Comunale De Capoa è ripetutamente protagonista sulle pagine dei giornali. Si disquisisce sulle sue architetture, sul suo patrimonio arboreo, sulla sua storia e  sugli aneddoti ad essa legati.
Regolarmente, in ogni occasione, si sottolinea il dovere di valorizzarla “restituendola”  ai cittadini.
Non ci si stanca mai di ripetere che è necessario “educare” i campobassani perché apprezzino, amino e vivano il loro meraviglioso Parco.
I nostri lettori condividono e sottoscrivono! In molti hanno accolto gli inviti, decidendo di godere il più possibile di quel “polmone verde”. Quasi come naturale conseguenza, però, sono fioccate proteste e segnalazioni, principalmente in merito alla chiusura della Villa nei giorni festivi, quando le famiglie hanno più tempo da dedicarsi e da vivere con i propri figli. Regolarmente devono rinunciare alla possibilità di una salubre passeggiata all’aria aperta!
Un’immagine parla più di quanto facciano fiumi di parole. Per cui ci si limita a pubblicare la fotografia scattata, in un’assolata domenica autunnale, da Mario Gravina, un campobassano d’O.C.
Chi ha orecchi per intendere… intenda!

martedì 19 luglio 2011

La generosità di Marianna de Capoa! La nobildonna donò alla città di Campobasso il meraviglioso Parco.


Il Quotidiano del Molise
del 09/08/2010

di Paolo Giordano

Marianna de Capoa nacque il 14/12/1817 da Raffaella Salottolo e Carlo de Capoa.
Sposò il ricchissimo Luigi Varo di Troia da cui ebbe 2 figli, Michele e Carlo, premorti ai genitori.
Rimasta sola, e senza eredi, si spense il 30 aprile 1875.
Nello stesso anno aveva fondato l’Orfanotrofio (la struttura è in via Mazzini n° 6) a cui fu destinato “non solo la detta casa” ma anche “il casino con Villa e terreno annessovi”. La nobildonna per meglio consentirne la manutenzione scriveva “voglio che il territorio attiguo alla Villa unitamente alla casa colonica di abitazione sia dato ad un colono, (che) si obblighi di tenere cura della Villa”.
Fu così che il meraviglioso giardino all’italiana divenne un tesoro inestimabile per tutti i campobassani.
La florida vegetazione, la varietà di essenze (alcune rare), i labirinti barocchi dei viali e gli elementi di arredo quali statue, un sarcofago rinascimentale e fontane (che andrebbero riattivate) arricchiscono il polmone verde del capoluogo.
Caratteristica è l'ironica lapide su cui è inciso “qui giace Alcon, tributo a lui di pianto niun sparso avrìa a questa tomba accanto, ei lo previde, e nei funebri onori, il pianto assicurò dei creditori”. Epitaffio dedicato ad un cane che, derubando un macellaio, si garantì almeno il cordoglio di costui.
I nonni ebbero modo di visitare un minigiardino zoologico con un aquila ed un lupo e dalla proprietà de Capoa proveniva il busto che per decenni abbellì la vasca nella villa dei Cannoni.
una foto del 1957
quando dalla fontana
ancora sgorgava acqua
La Villa Comunale è stata, e dovrebbe tornare ad essere, luogo di incontri, di riposo, di meditazione, ma anche di amori e di rifugio per gli studenti che marinano la scuola.
E’ bene ricordare che uno degli ultimi studi scientifici, pubblicato su “Evironmental Science & Technology”, evidenzia come appena 5 minuti di minima attività fisica all’aperto migliorino umore e benessere. Ma anche una semplice passeggiata nella natura consente di ottenere effetti benefici sulla salute mentale.
Il buon senso e l’intuito, di chi praticava sport sano e disinteressato una quarantina di anni or sono, era anticipatamente giunto alla stessa conclusione.
Infatti, le gloriose squadre di calcio di città quali Roma e Napoli, in ritiro a Campobasso, utilizzavano i sentieri alberati per la preparazione tecnica, “ossigenandosi” all’ombra delle secolari piante.
Tutto ciò lo ignorava l’ultima de Capoa, che fu solo animata da generosità ed altruismo, sentimenti oggi molto meno di “moda”.
Nel pieno rispetto delle volontà testamentarie, gli attuali proprietari, cioè amministratori e cittadini, dovrebbero cercare di curare e “vivere” il Parco, sia per il bene della collettività e sia per dimostrarsi degnamente eredi della contessa Marianna.

venerdì 15 luglio 2011

Amedeo Trivisonno, quadro di ignota ubicazione (forse distrutto) sulla traslazione dei caduti nel Sacrario del Castello Monforte di Campobasso.


di Paolo Giordano

La notizia del “Trivisonno incompiuto” non la lasciato indifferenti i lettori, in molti hanno contattato la Redazione de “il Quotidiano”. Tra le varie osservazioni merita immediatamente spazio la segnalazione dell’esistenza di un’opera intitolata “Ascensione”.
E’ nuovamente affrontato il tema della traslazione dei caduti nel Sacrario.
L’aveva già resa pubblica l’instancabile Nicola Felice, studioso e certosino ricercatore, inserendola in un suo libro del 2008: Il Sacrario Militare nel Castello Monforte di Campobasso.
La scena è praticamente la stessa “dell’incompiuto”, ad eccezione fatta di alcuni particolari.

Foto Studio Chiodini 
 dal libro di Nicola Felice
"Il Sacrario Militare nel Castello Monforte di Campobasso"

Il corteo funebre “avanza” conquistando sempre più il primo piano. I soldati ed i militi della 133a legione, che trasportano in spalla le bare, non sono più anonimi portatori. Alcuni di essi hanno il volto meditabondo girato a destra e gli occhi rivolti in basso. La loro postura guida lo sguardo dello spettatore verso le ieratiche figure dei familiari e delle autorità..
Da queste ultime traspare commozione e profonda riflessione, non solo sull’evento, ma su tutto quel che rappresenta e significa. L’unico movimento è rappresentato dal braccio teso di una “piccola italiana” che saluta romanamente. Non mancano il Gonfalone Cittadino ed i labari. Tra la ben visibile Chiesa, che si contrappone nettamente alla mole del castello, ed il maniero stesso esplode prorompente una luce di gloria e di risurrezione.
Mentre per il “non finito” si dispone di un’immagine a colori, che –per quanto cattiva- permette di intuire l’idea cromatica pensata dall’autore, per l’altro dipinto si dispone, purtroppo, solo di una fotografia in bianco e nero.
Ed ancora sovrabbondano le domande! I personaggi raffigurati sono di fantasia o molto più probabilmente il Trivisonno ha ritratto alcuni protagonisti? Si è di fronte a due opere distinte o l’una è lo studio preparatorio dell’altra? Chi erano i committenti e soprattutto dove sono finiti i due quadri?
Non è da escludere che l’episodio abbia particolarmente affascinato l’artista tanto da indurlo ad affrontarlo ancora modificando, però, ambientazione e prospettiva. Questa curiosità potrà essere appagata solo da testimonianze dei lettori.
Tutti i molisani potrebbero partecipare direttamente ad una ricerca collettiva, che permetterebbe di integrare la biografia ufficiale del pittore campobassano.
Unendo ricordi, aneddoti e piccole storie familiari si raccoglierebbero interessanti elementi per approfondire lo studio e la conoscenza di questo maestro del XX secolo, al quale la sua Terra non ha ancora tributato la giusta considerazione.
Nello specifico si procederebbe ad un prezioso lavoro per raccogliere informazioni legate sia alle due “Ascensioni” e sia agli avvenimenti di quel 16 maggio 1937, in cui “ogni salma era illuminata da torce a vento, sollevate in alto dai reduci della grande guerra, quasi faci di gloria che illuminano l’ultimo viaggio degli eroi per le vie della città natia, fino al Sacrario”.

Amedeo Trivisonno, un quadro incompiuto sulla traslazione dei caduti nel Sacrario del Castello Monforte di Campobasso.


di Paolo Giordano

Nel 1937 si concluse il progetto di recupero funzionale di colle Sant’Antonio. Nello stesso anno il Castello, oramai restaurato fu adibito a Sacrario Militare e vi furono inumate le salme dei combattenti morti nella 15-18. I giornali dell’epoca riportarono la dettagliata cronaca delle solenni manifestazioni e dell’evento esiste una ricca documentazione fotografica.
Alcuni anni orsono, casualmente durante un trasloco, si verificò un’affascinante scoperta.
Sul retro di un quadro, un olio su tavola del castello Monforte, fu rinvenuto un “incompiuto” raffigurante la traslazione dei feretri nel Sacrario. La firma dell’autore rese ancor più entusiasmante il ritrovamento: Amedeo Trivisonno.
Si trattatava, probabilmente, di uno studio o di un dipinto che, a causa delle successive vicende storiche, non rispondeva più alle esigenze della committenza. Forse lo stesso autore perse interesse per il tema e pensò bene di riutilizzare la tavola.
Ma chi era il committente? Un’istituzione o un privato? Perché non ne reclamò la consegna? Un ripensamento ideologico o, addirittura, il suo decesso prima che l’opera fosse finita?
Un’infinità di quesiti a cui, probabilmente, sarà impossibile dare risposta.
Il primo aspetto interessantissimo è che si tratta della “fotografia” di un fatto di cronaca, una rarità nella produzione del Maestro.
La scena merita di essere brevemente analizzata. Nella parte alta a sinistra domina il Castello e sulla destra si intravede la Chiesa dei Monti. Il corteo funebre costituito da soldati, curvi sotto la responsabilità di portare in spalla le casse degli “eroi”, si inerpica verso il Viale della Rimembranza. Sulla destra, in primo piano, un gruppo di personaggi probabilmente familiari, autorità o semplici cittadini accorsi per l’occasione. Si distinguono una donna velata in nero, una madre con bimbo, un militare ed altre figura abbozzate alcune delle quali salutano romanamente. Sulle loro teste svettano immobili il Gonfalone di Città ed alcuni labari. Anche la natura, vento compreso, sembra presenziare in mistico rispetto alla processione
Di questo quadro, purtroppo, esistono solo delle pessime fotografie. Esso fu trafugato ed il suo eventuale recupero è affidato alle indagini delle autorità competenti.


Ritrovarlo significherebbe arricchire ulteriormente il corpus dei lavori di Amedeo Trivisonno.
E’ oramai, quindi, improcrastinabile il momento di censire e catalogare quanto più possibile della sua produzione artistica. La cittadinanza confida nella realizzazione di una pinacoteca in cui si raccolga tutto ciò che è di pubblica proprietà. La struttura dovrebbe, inoltre, avvalersi dei supporti necessari (in primis quelli multimediali) per godere anche di quei capolavori che, per ovvi motivi, non sono trasportabili in un museo.

lunedì 11 luglio 2011

Suor Luisa Vecchiarelli: Superiora del Carmelo di Vinçà. Centinaia di campobassani ricorderanno la loro educatrice nel Convitto Speranza di Campobasso

Suor Luisa Vecchiarelli.

Un attento conoscitore delle vicende campobassane mi ha raccontato epistolarmente che alla fine del 2010 è tornata alla Casa del Padre Suor Luisa Vecchiarelli.
La Religiosa fu importantissima figura di riferimento per gli scolari durante gli anni trenta e quaranta del millenovecento.
La condivisione è stata estremamente gradita.
Ritengo inoltre sia opportuno “farmi da parte” lasciando spazio a chi visse quegli anni in prima persona.


“Alla fine del 2010 se ne è andata, all’età di cento anni, una religiosa che molto ha dato alla nostra città, e che la generazione nata negli anni trenta e quaranta, anche tra chi è divenuto non credente, ricorda con affetto.
Parlo di Suor Luisa Vecchiarelli divenuta Superiora del Carmelo di Vinçà, nei Pirenei - (66320 P.O.) France. Era un’allieva della Montessori e fu inviata, forse a titolo sperimentale, in una scuola materna tenuta da religiosi del centro Italia. Era l’Asilo d’infanzia “G:Speranza” ubicato a Campobasso in Viale Elena .
Tutti ricordano Suor Luisa come la “fatina”, per il garbo e la capacità di persuasione che aveva con gli Implumi, anche più ribelli, e che, a quei tempi, conoscevano solo l’insegnamento impositivo. Molto spesso, sapendo che avevo la foto ricordo di fine anno (1935), me ne è stata chiesta copia.
Chissà se tra i tanti allora piccoli allievi ve ne sarà qualcuno che vorrà ricordarla.
Sperando di aver fornito un utile spunto allego copia dalla citata foto di fine anno."

Campobasso
Asilo Speranza anno 1935


Per chi è figlio di quella generazione di "implumi" è un dovere fungere da cassa di risonanza, senza tentare di inerpicarsi per sentieri che non gli competono. Mi rendo conto che internet sia un "terreno" ben lontano dalla forma mentis di quegli ex-alunni,  ma spero comunque di ricevere un “segnale” da tutti coloro che possono arricchire e salvaguardare questa memoria collettiva… soprattutto come atto di affetto e gratitudine verso “Soeur Marie Louise”.

Suor Luisa (la prima a sinistra)  in una fotografia del 1999.


Di seguito, grazie alla gentile segnalazione di chi fu alunno in quegli anni, posso riportare un elenco quasi completo dei bimbi della foto. Serve per i ricordi di  coloro che c'erano e per la conoscenza dei posteri.
Una lodevole impresa sarebbe quella di conclude l'elenco restituendo alla Storia tutti.. tutti... tutti... i presenti immortalati!

Nella seconda fila dal basso da "Velardi" a "Putrella"
mancano due nomi e, quindi,
l'esatta identificazione dei bimbi.
Magari qualche "testimone oculare" volesse aiutarci!!!!!

Peppino Piccolo: artista ed accademico insignito a Roma. I suoi affreschi nella G.I.L. di Campobasso.


di Paolo Giordano

Nel 1973 con la motivazione “Benemerenza per la Scuola, la Cultura e l’Arte” Peppino Piccolo (1903-1983) veniva insignito di una medaglia d’oro, principalmente per essersi impegnato a diffondere con competenza lo studio della Scenografia nell’Accademia delle Belle Arti di Roma. Ma l’onorificenza ricevuta durante il ministero Malfatti era il naturale riconoscimento della lunga carriera di artista, professore ed accademico.
Eppure a Campobasso, nel 1975 (solo tre anni dopo) a seguito di tarda ed incomprensibile forma di “epurazione”, una mano iconoclasta coprì i suoi affreschi con un ignobile strato di vernice.
Le opere dell’artista di Pozzallo (Ragusa) erano nella casa della Gioventù Italiana del Littorio. Paradossalmente proprio per tutelarli la G.I.L. fu salvata dalla totale distruzione, poiché nel  1992 le ruspe furono fermate per la necessita di salvare quei dipinti.
I 4 grandi affreschi rappresentano:
1) un legionario con alle spalle la Penisola e le sue colonie africane.
2) L’Italia con le sembianze di una dea armata di spada che si staglia sulla pianta della città di Campobasso.


3) I vari livelli della gioventù littoria –dal balilla al miliziano– con un arco di trionfo per fondale e la lupa romana in primo piano.
4) un tributo alla potenza fisica del popolo italiano nelle figure di un pugile, due lottatori ed un trapezista in volo.

Nell’essenzialità con cui l’autore interpretò la fisicità dei personaggi si volle sicuramente cogliere la ruralità del territorio molisano.
La vedova Rosetta Sacco Piccolo diede alle stampe nel 1999 il testo “la mia vita con Peppino Piccolo” e nel vicino Abruzzo nel 1987 –solo 5 anni prima che il Palazzo della G.I.L. venisse raso al suolo– il cinquecentesco castello de L’Aquila ospitò una mostra antologica di Peppino Piccolo, promossa dal soprintendente arch. Renzo Mancini.
Il completamento dei lavori di recupero dello stabile di via Milano dovrebbero restituire alla città i 4 capolavori di arte littoria. Essi rappresentano un’importante parentesi nella produzione del Piccolo, la cui peculiarità fu quella “del pittore da cavalletto”, che prediligeva la definizione dell’immagine attraverso la luce. La sua propensione era verso i paesaggi urbani inondati di sole, le vedute, i soggetti di figura e le nature morte. Per cui, considerando che la maggior parte dei suoi dipinti murali sono andati distrutti con la guerra, questi di Campobasso sono una preziosa rarità di cui il capoluogo regionale è –forse inconsapevole– depositario.



 
 Le immagini degli affreschi sono tratte dal  libro
"Campobasso e la sua G.I.L. - uno stile - una storia - un'epoca"
a cura di Nicoletta Pietravalle

giovedì 7 luglio 2011

Campobasso come Los Angeles: il murales del terminal, opera del marchigiano BLU, è già diventato un "affare nazionale"


La questione del Murales del terminal di Campobasso sta divenendo un affare nazionale.
O meglio internazionale considerato che l'autore di fama mondiale, il marchigiano BLU, è già incorso nella "censura" in quel di Los Angeles.
http://daily.wired.it/news/cultura/caso-murales-blu.html#content
Comunque, dopo aver approvato il progetto, probabilmente senza visionarlo, il Comune ha preso le distanze da un’opera che offenderebbe i nostri militari.
Nel ribadire il pensiero che il dipinto andrebbe interpretato in una chiave più ampia… in esso sarebbe, in effetti, ravvisabile una certa “maldisposizione” verso le divise.
Principilamente, però, c'è l'indiscutibile e ferma denuncia della guerra e del militarismo.
Premesso che queste forma d’arte non mi entusiasma e non rientra nei miei gusti…… mi pongo alcune domande:
Perché chi doveva controllare non l’ha fatto? Cercando poi, come sempre accade, di chiudere la stalla dopo che i buoi erano scappati? Un'opera di quelle dimensioni non si realizza in un solo giorno.......
Al di là delle passioni personali non si sarà effettivamente dinanzi ad un'interessante testimonianza d'arte lasciata su un anonimo e squallido muro di cemento? A Campobasso, poi, dove passano -senza colpo ferire- alcune discutibili realizzazioni?
In conclusione è veramente questa la “visione” più offensiva in una città da cui il senso estetico è stato oramai bandito da decenni!
Su facebook c’è già chi ne ha proposto una variazione visibile da chi è iscritto a FB:

A Campobasso sono il murales di Blu ed una fontana "turrita" ad accogliere i visitatori in città

Mentre la Fontana Turrita da il benvenuto agli automobilisti provenienti “dalla strada di accesso che porta da Termoli e da Foggia” (come evidenziato anche dal Sindaco nel suo discorso filmato dell'inaugurazione della fontana) è ben altra l’opera che accoglie i viaggiatori che sbarcano al Terminal dei pullman di Campobasso.
Si tratta di un murales di Blu il cui significato non lascia alcun dubbio interpretativo. Il messaggio è altamente provocatorio e deve essere letto nel modo più ampio.. al di là del discorso puramente “militare”.
Non ci si deve quindi fermare solo a questo aspetto riduttivo, ma leggere la denuncia più vasta verso una generazione che rischia di vivere senza cervello… schiava di regole non sempre valide ed accettabili.
Si vuole, però, sperare che non ci sia alcuno stretto riferimento ai cittadini del capoluogo. Se invece così non fosse l’immagine offerta sarebbe tutt’altro che lodevole ed incoraggiante per chi ammara nell’ex città giardino.


Il murales delle polemiche che descrive il percorso "evolutivo" da giovane con capelli e sigaretta a militare in assetto di guerra.