Pensieri



Questo sito utilizza cookie di Google per erogare i propri servizi e per analizzare il traffico. Il tuo indirizzo IP e il tuo agente utente sono condivisi con Google, unitamente alle metriche sulle prestazioni e sulla sicurezza, per garantire la qualità del servizio, generare statistiche di utilizzo e rilevare e contrastare eventuali abusi.

venerdì 8 giugno 2012

Paolo Saverio Di Zinno, un geniale inventore artefice del “Bello” - La realizzazione dell’altare di Santa Maria della Croce a Campobasso in un lavoro di ricerca curato da Nicola Felice e Riccardo Lattuada



Paolo Saverio Di Zinno, un geniale inventore artefice del “Bello”

La realizzazione dell’altare di Santa Maria della Croce a Campobasso in un lavoro di ricerca curato da Nicola Felice e Riccardo Lattuada

Il Punto
numero 2
del 01/06/2012
di Paolo Giordano

Il ritrovamento di un prezioso documento notarile da parte di Nicola Felice ha consentito di indagare un aspetto ancora ignoto del geniale Paolo Saverio Di Zinno, principalmente rinomato per le sue sculture e per i Misteri del Corpus Domini. Cresciuto artisticamente a Napoli ebbe modo di acquisire conoscenza e consapevolezza delle qualità tecniche ed espressive dei suoi “colleghi”. Questa sua formazione gli permise di ricoprire con successo il ruolo di consulente e perito per committenze di opere richieste ad altri artisti. In Questa sua veste, oltre che in qualità di Governatore (con Nicola Presutto) della Congregazione di Santa Maria, curò la realizzazione del grande altare Maggiore nella chiesa di Santa Maria della Croce in Campobasso (1760).
Tempi, costi e modalità vennero dettagliatamente stabiliti unitamente ai materiali da impiegare, la cui specificazione serviva a garantire che qualità e costi finali fossero conformi agli accordi iniziali. Mancando invece precisazioni sulla loro provenienza, se ne faceva ricadere la responsabilità sul marmorario ovvero Antonio Pelliccia da Napoli. Questi rispettando appieno gli impegni, sicuramente su precise indicazioni del Di Zinno, predilesse alla preziosità delle pietre una maggiore ricchezza nello sviluppo architettonico. Un altro Pelliccia, Paolo, forse un parente, fu autore di un altare in Sant’Antonio Abate. Ciò fa supporre che queste maestranze napoletane, di origine carrarese, abbiano operato molto a Campobasso. Questo secondo manufatto realizzato tra il 1759 ed il 1764 è antecedente a quello di Santa Maria e ne ricorda i decori pur se semplificati. Era in voga, infatti, l’uso di riprendere motivi, partizioni e composizioni di altre opere proprie o di altri autori. Non era un copiare, bensì il seguire una logica combinatoria “di base” integrando nuove soluzioni con parti di disegni già realizzate altrove. Un’importantissima peculiarità del monumentale altare di Santa Maria sono le due portelle laterali, una soluzione non particolarmente diffusa nel sud Italia. Un’ipotesi è quella della valorizzazione scenica della liturgia. Sicuramente nella chiesa campobassana, non particolarmente ricca, attraverso tale soluzione architettonica si conferiva sfarzo ad un ambiente abbastanza amorfo: lo spazio venne occupato da un fondale scenografico che avrebbe sottolineato i movimenti e le gestualità del celebrante. Ecco, quindi, trasposta in questo lavoro tutta la genialità del Di Zinno, il suo amore per il “movimento, anche perché dalla fine del ‘500 fino a tutto il XVIII secolo vi fu un uso integrato e simultaneo di musica, luci e persino di “macchine” scenografiche all’interno della liturgia. Le due porte alludono, inoltre, ad un arco di trionfo con al centro il tabernacolo, il tutto reso ancora più “osannante” da colori, decori e statue armoniosamente inserite nel contesto. La complessità compositiva testimonia anche la particolare fase in cui le committenze si spostarono dalla capitale verso le province ed è qui che, mentre a Napoli il mercato ristagnava, le richieste si fecero sempre più elevate ed esigenti. Il Pelliccia dal Molise scese verso la Puglia, lo si “ritrova” nella cattedrale di Taranto ed in quella di Bitonto. Sarebbe a questo punto interessante appurare se anche Paolo Saverio sia intervenuto altrove come progettista, consulente e perito. Purtroppo, incredibilmente, un genio del suo stampo è oggi ancora quasi del tutto sconosciuto al di fuori dei confini regionali. Gran parte della responsabilità è forse dei suoi conterranei che non sembra lo abbiano in giusta considerazione. Una prova? Campobasso ancora non gli ha intitolato una piazza, una via, una viuzza, una rotonda… un misero slargo.

(Si ringrazia la dottoressa Vittoria Di Cera, della Soprintendenza Storico Artistica, per l’amichevole consulenza)

Nessun commento:

Posta un commento