Pensieri



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mercoledì 5 marzo 2014

Movimenti artistici e culturali: pittori molisani - nascita della"Scuola di Campobasso"


Penso che ai miei "25 lettori" (A. Manzoni "I Promessi Sposi" cap. I) sia sempre stata ben chiara la mia "filosofia giornalistica":
Svolgere un onesto ruolo da "cronista, forse ignorante ma sempre affamato di Sapere e desideroso di scoprire, senza mai ergersi a depositario di Verità.
Ritengo che solo animati da tale spirito si possa migliorare.
E' per questo che, in un'ottica di studio e  confronto, condivido un articolo segnalatomi in merito alla "Scuola di Campobasso", il movimento pittorico da me citato nell'articolo “Ritorno alla forma – la linea figurativa e realistica nell’arte molisana del novecento”.

Si tratta di uno scritto a firma di Alberindo Grimani pubblicato sulla rivista "Meridiano" (gennaio - febbraio 1989) diretta da Sabino D'Acunto.


PITTORI MOLISANI
NASCITA DELLA
"SCUOLA D I CAMPOBASSO"
di Alberindo Grimani


Michele Cammarano (Napoli 1835-­1920) arrivò a Campobasso su una vecchia diligenza, perché le sue con­dizioni di salute non potevano permettergli di usare il cavallo. II viaggio dovette sembrargli lun­go e fastidioso, ma non ne poteva fare a meno: il medico gli aveva consigliato di cambiare aria se voleva guarire e l'unica soluzione era il Molise, l'aria salubre di Campobasso.
Lungo la strada l'artista non trascurò di schiz­zare luoghi che attraversava. Nasceranno da lì opere come "Casolare sulla via di Campobasso', "Interno molisano", "Paesaggio molisano" e tante altre opere che ricordano il soggiorno nella nostra terra.
Probabilmente lo stesso era capitato a Marco De Gregorio (Resina 1829 - Napoli1876). Non può spiegarsi altrimenti il suo soggiorno nel Basso Molise. Oggi su una tela famosa, da tutti citata ed ammirata a Capodimonte, è la testimonianza dei suoi lavori molisani: l'opera è titolata "Veduta di Casacalenda".
Ma quanti altri artisti ebbero per seconda pa­tria il Molise?
Gioacchino Toma (Galatina di Lecce 1836­ - Napoli 1891), che sarà il Maestro di Arnaldo de Lisio e Francesco Paolo Diodati, combatté da sot­totenente garibaldino nel 1860 in Molise, lungo l'asse territoriale che collega Venafro ed Isernia. Molti suoi quadri dovrebbero oggi trovarsi nella zona ove, tra l'altro, cadde in un burrone e fu creduto morto.
Perché questa premessa un po' lunga? Facile a spiegare. Napoli, la grande e bella capitale del Regno delle Due Sicilie, era il sogno degli artisti e degli intellettuali che vi arrivavano da tutte le parti del Mezzogiorno d'Italia e non solo da lì. Si po­trebbe facilmente dire che agli inizi della seconda metà dell'Ottocento c'era una sola cultura unita­ria, quella napoletana e tante culture frammenta­rie, quelle delle rimanenti regioni italiane.
Questa verità bisogna avere finalmente il co­raggio di dirla! La vera cultura unitaria era quella napoletana, dei Borboni che ammettevano, anche con una forte punta di paternalismo, le idee rivoluzionarie di Spaventa e de Sanctis, di Bellelli e Imbriani, di Morelli e Altamura e Toma. Gli al­tri, invece, avevano solo l'idea unitaria della Nazione!
Un giorno, ad esempio, si dimostrerà che gli artisti napoletani sono di gran lunga superiori a certi artisti celebrati d'oltralpe. Un giorno si dirà che Pitloo (Olanda 1790 - Napoli 1837), Giacinto Gigante (Napoli 1806 -1876), Filippo Palizzi (Vasto 1818 - Napoli 1899), Domenico Morelli (Napo­li 1823 -1901), Saverio Altamura (Foggia 1826 - Napoli 1897) con Vincenzo Gemito (Napoli 1852 - 1929) ed altri sono stati gli iniziatori dell'ar­te moderna.
Un giorno si dirà che la pittura nuova, quella che si suole identificare con la Scuola romana di Via Cavour (Scipione, Mafai, Mazzacurati e Raphael) o con la Scuola napoletana (che faceva ca­po a Crisconio), in effetti era stata anticipata dalla Scuola di Campobasso.
Marcello Scarano, come dice il Moffa, "Nell'agosto del 1926, con cartoni ed oli affrontò la mostra del paesaggio a Campobasso e non eb­be alcun riconoscimento, tanto che la cronaca dell'iniziativa registra da parte dei promotori: 'questa volta ha usato una tecnica così strana e semplicistica che pur notandosi nello insieme le ben conosciute e pregevoli tendenze artistiche del giovane dilettante, non s'è potuto formulare un giudizio.'."
Marcello Scarano era stato a Roma sin dall'autunno del 1924 e vi era rimasto quasi continuatamene fino a tutto il 1925 e parte del 1926. Anche Amedeo Trivisonno era stato a Roma nel 1922 e nel 1923, prima di continuare i suoi studi a Firenze negli anni successivi.
Nel mio libro "Marcello Scarano e la sua pit­tura", coautore Giuseppe Jovine, è stato dimostra­to l'itinerario che l'artista molisano ha percorso prima di tutti gli altri artisti delle scuole sopra cita­te. Va detto, in questo momento, che quello che sembrava un isolamento dell'artista Scarano, da più critici autorevoli evidenziato, in effetti fu volu­to dal Nostro: quasi a significare che il pittore vo­leva nascere da solo, proprio a dispetto dei cano­ni tradizionali di studio che richiedono una pre­senza, anche indiretta, di un maestro.
La Scuola di Campobasso nasce da un con­tatto continuo e quotidiano di artisti, che se pure non ritengono di procedere a ricerche comuni, tuttavia li portano a confidare reciprocamente i risultati raggiunti.
La pittura di Scarano non ha nulla a che vedere con la risoluzione degli affreschi adottata da Amedeo Trivisonno e che si possono (almeno per quello che riguarda i primi e più importanti) an­cora vedere oggi nella Cattedrale di Campobasso. Ma se si guarda la pittura profana di Trivisonno, se si dà un'occhiata attenta ad opere di ritrattistica quali il "Dante Chiodini" o il "dottor D'Agostino" o "Silvia Scarano" della fine degli anni '20 (tutti tra il '26/27 se ben ricordo), si nota una certa impostazione di coloristica che è pro­pria anche dello Scarano.
La Scuola di Campobasso è esistita!
Il segnale di rottura del legame tradizionale che legava la cultura locale a quella napoletana, continua ancora in quegli anni da parte di celebri artisti molisani come Arnaldo de Lisio (Castelbottaccio 1869 - Napoli 1949) e Francesco Paolo Diodati (Campobasso 1864 - Napoli 1940); esso è par­tito da Scarano e riproposto da Trivisonno.
Infatti proprio nell'ambito degli affreschi è fa­cile fare il paragone con opere che si trovano a Campobasso: nel cinema-teatro Savoia e nella sede della Banca d'Italia le opere di de Lisio e nella Cattedrale già citata quelle di Trivisonno. L'evi­denza della tradizione culturale napoletana man­tenuta dal primo è spezzata ed ignorata dal se­condo.
A voler essere precisi, della Scuola vera e propria campobassana potrebbero essere chiamati a far parte, per un periodo relativamente breve e non ancora completamente identificato, anche Romeo Musa (Calice di Bedonia 1892 - ­Milano 1960), le cui opere sono visibili all'Istituto-convitto Mario Pagano di Campobasso ed una sua grande tela "La sagra del Matese" che dovrebbe sempre essere nella biblioteca del Provveditorato agli studi del Molise nel capoluo­go; e Giovanni Ruggiero (Isernia 1892 - Roma 1971), cui si deve anche la copertina del catalogo della IV Sindacale d'Abruzzo e Molise tenutasi a Campobasso nell'agosto 1937.
Poi arriva anche Giovanni Leo Paglione, l'unico vero allievo di Trivisonno, beniamino na­scosto di Marcello Scarano, al quale si avvicinerà molto dopo la partenza del suo Maestro Amedeo per l'Egitto. Ed il cerchio si chiude!
Questa, per sommi capi, è la Scuola di Campobasso: Scarano, Trivisonno e Paglione con le momentanee presenze di Musa e Ruggiero. Ci sa­rà qualche artista che in maniera diretta o indiret­ta avrà la fortuna di collegarsi a quegli artisti; ma ben presto prenderà altre strade a volte felici ed a volte no.
Qualcuno, a questo punto, si chiederà come è nata e perché è nata la Scuola di Campobasso; Paglione altri che significato può avere conoscere o meno le sue vicende, visto che del suo operare non ci sono tracce né sui libri di Storia dell'arte né sui. È proprio questa la storia che cercheremo di giornali locali dell'epoca.illustrarvi e proporvi, appena possibile.


"Marcello Scarano e la sua pittura"
di Alberindo Grimani e Giuseppe Jovine
edizioni Isotta Scarano
anno 1986