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mercoledì 1 giugno 2016

In un quadro di Amedeo Trivisonno la rivelazione del destino di Padre Pio.


Il Quotidiano del Molise
del 30 maggio 2016
di Paolo Giordano

Nella “Stanza di Padre Pio”, annessa alla Chiesa di Santa Maria del Monte a Campobasso, è esposto un olio su tela opera di Amedeo Trivisonno. Il quadro del 1972, San Pio era morto da soli 4 anni, testimonia la presenza del Frate a Campobasso nel 1905. Come scrive Corrado Carano, nel suo libro “Sognando il Rinascimento”, si tratterebbe di un episodio inedito della vita del Santo: in questo Santuario mariano la Vergine, apparsa a padre Pio, lo avrebbe invitato a seguire Gesù sulla via del Calvario.
Ma autentico profondo conoscitore dell’argomento è Alberindo Grimani, esperto d’arte, autore di importanti libri e, soprattutto, poliedrico studioso in svariati campi. Tra i suoi interessi di ricerca vi è -appunto- Francesco Forgione da Pietrelcina, per cui proprio al Grimani, autore di un dettagliato articolo dal titolo “il segreto di Padre Pio” (pubblicato on line da “Pagine 70” poco più di 10 anni orsono) poniamo alcune domande per provare a scoprire “cosa nasconde” il capolavoro di Trivisonno.

Grimani, Trivisonno, Paglione (1986)
Come nasce il quadro conservato a Campobasso?
Padre Pellegrino da Sant’Elia a Pianisi era a conoscenza del segreto di Padre Pio, cioè quale “missione” a Lui era stata affidata.
I Santi non vengono per caso!
Qual è il mistero che l’opera contiene? Può parlarcene?
La missione di Padre Pio era “unica ed irripetibile”. Consideri che nel 1905 quando ne venne a conoscenza, a Padre Pio venne solo indicata l’oggetto ma non il contenuto che conoscerà soltanto nel 1913.

Perché si sarebbe scelto di non svelare il “segreto”?
Era terribile ed il Sant’Uffizio nel 1922 per volontà di Pio XI lo fece secretare.

Secondo lei perché le autorità locali, ecclesiastiche ed amministrative, non hanno mai
“pubblicizzato”, pur se con differenti obiettivi, questa appassionante e spiritualmente importantissima vicenda?
Non saprei rispondere. Comprendo il riserbo delle autorità religiose ma non quello degli amministratori locali. Tempo fa avevo proposto un progetto per valorizzare le località del Molise ove Padre Pio aveva vissuto anche per poco tempo: Sant’Elia a Pianisi, Campobasso, Casacalenda, Venafro, Larino, etc. ma gli amministratori ed i politici nostrani hanno rifiutato.

Nelle sue “Memorie” Trivisonno racconta, in rima, l’evento e descrive il dipinto nei suoi particolari. Precedentemente, comunque, si era confidato a riguardo con l’allievo Paglione…
Giusto, ma l’Artista nelle “Memorie” non dice più dell’essenziale. Trivisonno aveva confidato a Paglione l’incarico ricevuto da Padre Pellegrino ma non il segreto che neppure lui conosceva. Il dipinto è criptico e si basa sulle indicazioni suggerite da Padre Pellegrino. Trivisonno era riluttante ad accettare l’incarico ma Padre Pellegrino lo convinse con la famosa frase: Sarai il pittore di Padre Pio!”.
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E' oramai prossima l'uscita un suo libro sull'argomento. Nell'attesa non ci regalerebbe una piccola anticipazione?
“L’Enigma di Campobasso” è il libro che spero di far pubblicare entro il prossimo settembre. Chi lo leggerà avendo davanti agli occhi il dipinto di Trivisonno scoprirà che in quell’opera c’è il segreto di Padre Pio. Quello che Padre Pellegrino ha voluto far conoscere è un evento eccezionale che forse mai sarebbe venuto alla luce.
Senza rompere l’obbligo della “Obbedienza”, imposto a tutti i frati Cappuccini che ne erano venuti a conoscenza, di non svelare il segreto, ha dato a Trivisonno le indicazioni utili a scoprirlo.
In quell’opera ai Monti di Campobasso c’è quello che ho chiamato “un evento eccezionale”: la missione di Padre Pio ed il Terzo segreto di Fatima hanno l’identico messaggio!





1972: IL SEGRETO DI PADRE PIO, di Alberindo Grimani (da pagine 70)


1972: il segreto di Padre Pio


di Alberindo Grimani


Nel 1971, fine di luglio-principi d'agosto, Padre Pellegrino da Sant'Elia a Pianisi si incontrò con il Pittore Amedeo Trivisonno nel Santuario di S. Maria del Monte di Campobasso. L'Artista era andato a rendere omaggio alla Madonna, della quale era, come tutti i campobassani, fedele devoto, ed anche per controllare lo stato degli affreschi della Chiesa da lui dipinti.
Padre Pellegrino, all'epoca Guardiano del Convento Cappuccino di S. Maria del Monte (aveva lasciato l'incarico di Guardiano di San Giovanni Rotondo nel settembre 1970), era famoso in tutto il mondo dal 23 settembre 1968: nelle ore precedenti la morte di Padre Pio, gli era stato accanto sino alla fine terrena, raccogliendo le Sue ultime preghiere e benedizioni. Per i devoti del Santo, Padre Pellegrino rimase sempre "il discepolo preferito" di Padre Pio; "l'Angelo della notte" che per anni aveva vegliato sul Padre nelle ore notturne e accudito come un figlio fa col genitore infermo; il Frate che aveva raccolto le confessioni, le confidenze più intime e, alla fine, il testamento spirituale di Padre Pio. 
Padre Pellegrino e Trivisonno, che erano anche amici, si incontrarono, dunque, al Santuario del Monte. Il Cappuccino disse al Pittore più o meno queste parole: "Amedeo, in questo Santuario la Madonna è apparsa a Padre Pio più volte! Devi fare un quadro per ricordare l'apparizione più importante: quella in cui Padre Pio accettò di essere 'l'Alter Christus!".
Trivisonno, stupito dalle confidenze ricevute, cercò di sottrarsi in tutti i modi dall'incarico proposto; ma, alla fine, cedette alle insistenze di Padre Pellegrino e, nel settembre del 1971, si mise all'opera. Dopo vari studi, l'opera "L'apparizione della Madonna del Monte a Padre Pio" fu completata nel maggio del 1972 e, quindi, dopo un succedersi di vicende, spedita a Campobasso e sistemata nel Santuario mariano.
Questo dipinto di Amedeo Trivisonno, eseguito a Firenze dove l'Artista risiedeva, è stato sempre trascurato e poche volte citato nelle biografie di Padre Pio. I motivi sono tanti, nascosti negli archivi segreti ed inaccessibili vaticani, ancora oggi chiusi agli studiosi del Santo.
Dopo anni di studi e ricerche sulla vita di Padre Pio, è certo che al Frate, tra il 1904 e il 1909, nel Santuario Mariano di Campobasso, siano apparsi più volte Gesù e Maria e a Lui affidati tanti messaggi per la Chiesa e l'umanità. Apparizioni e messaggi secretati dal 1922 e sugli stessi posta una pietra tombale. Soprattutto i messaggi della Madonna a Padre Pio.
Il "segreto di Padre Pio" è nel Santuario di S. Maria del Monte: lo confidò nel 1971 Padre Pellegrino da Sant'Elia a Pianisi ad Amedeo Trivisonno e gli consegnò la chiave che l'Artista nascose nel dipinto. Il 15 agosto 1905, giorno dell'Assunzione di Maria al Cielo, Padre Pio accettò di essere "l'alter Christus".
Il 15 agosto 2005 sarà il Centenario di quell'Apparizione della Madonna a Padre Pio. Sarebbe giusto, in questo momento così tragico per il mondo, rivelare e svelare i messaggi della Madonna del Monte a Padre Pio.

*** Nell'immagine in alto, il dipinto.
Amedeo Trivisonno, 1972: L’Apparizione della Madonna del Monte a Padre Pio (Santuario della Madonna del Monte – Campobasso)

Per PAGINE 70 - Alberindo Grimani 10 agosto 2005



martedì 14 ottobre 2014

LE SINDACALI FASCISTE DI BELLE ARTI D’ABRUZZO E MOLISE: GLI ARTISTI MOLISANI. conferenza di Alberindo Grimani - Roma 24/11/1991

E' con onore e piacere che, su gentile concessione dell'autore, pubblico il testo di un'interessantissima conferenza sull'arte in Molise tenutasi a Roma nell'oramai troppo lontano 1991.
A prescindere dai gusti personali ogni movimento artistico (ed il relativo momento storico) va studiato senza preconcetti di sorta.
Al di la del titolo che potrebbe (erroneamente) essere letto in maniera riduttiva, si spazia nel panorama culturale molisano offrendo non solo preziose informazioni sull'Arte, ma anche tracciando la panoramica di Terra tutt'altro che arretrata e fuori dai circuiti nazionali.

Ringrazio ancora lo studioso Alberindo Grimani per la dimostrazione di amicizia e stima.


LE SINDACALI FASCISTE DI BELLE ARTI D’ABRUZZO E MOLISE: 

GLI ARTISTI MOLISANI.


di Alberindo Grimani

 (Roma, 24 novembre 1991)

1. Nella vita culturale di un territorio spesso viene dimenticata l’influenza svolta in epoca quasi recente da personaggi di elevato livello; sicché` capita di non ricordare che e` anche grazie al loro contributo che le caratteristiche umane, politiche e sociali di una terra finiscono per diventare gli aspetti essenziali della comunità` e dei luoghi in cui la stessa si inserisce.
    Il Molise, terra per antonomasia di tratturi e colline salubri e vari corsi d’acqua, ove l’unico, Santo Pietro da Morrone Celestino V ha riempito interi secoli di letteratura a cominciare da Dante, è stato l’ultimo a diventare regione ed a trovare posto nel seno territoriale in cui e` suddivisa la nostra repubblica. Ultima e ventesima regione.
  Ma per arrivare a questo, quanta lotta e` stata affrontata, quante vicissitudini sono state a volte felicemente superate ed altre duramente respinte, quanti uomini hanno speso il loro ingegno ed il loro tempo! La gente di oggi non conosce i loro nomi ed anche se li ha sentiti nominare non sa cosa essi abbiano potuto fare o sopportare per avere intitolata una strada o una scuola o  un monumento che li ricorda.
    E` la vita che corre, anzi che scorre nel tempo e scivola via in maniera impercettibile; sicché quello che e` stato fatto e` vero che resta, ma chi se ne ricorda?

2. La storia che abbiamo voluto ricostruire riguarda quel gruppo di nostri artisti - pittori, scultori, incisori e disegnatori - che nel periodo degli anni ‘30 (ed anche in quelli successivi) rappresentarono il Molise alle manifestazioni di Belle Arti locali e nazionali. Molti di essi risulteranno ai lettori degli illustri sconosciuti, come il manzoniano Carneade; pero` negli anni `30 i loro nomi erano sulla bocca di amici, paesani e corregionali e per l’uomo serio e di cultura pronunziare uno di quei nomi era come accostarlo a persone di rango superiore.
   L’autorità civile di allora era rappresentata dal Podestà (l’attuale Sindaco) e dal Maestro, come anche dal Parroco e dal Farmacista; ma erano anche sinonimo di altolocato il Maresciallo dei carabinieri, il Pittore, lo Scrivano. Quando, poi, c’erano anche il Vescovo, i Professori, lo Scrittore, beh!, allora la cittadina si poteva dire che avesse una certa importanza nell’ambito del territorio.

3. Le sindacali fasciste di Belle Arti dell’Abruzzo e del Molise da noi prese in considerazione sono quelle svoltesi nei capoluoghi di provincia dell’allora unita regione.
    La prima di esse si tenne a L’Aquila nel 1932 e solo tre anni dopo si allestì la seconda nel 1935 sempre nella stessa città, continuando in seguito annualmente. La terza vide la luce a Pescara nel 1936, mentre la quarta ebbe luogo a Campobasso nel Molise nell’anno successivo 1937; tocco` poi a Teramo la quinta nel 1938 ed infine a Chieti la sesta ed ultima della nostra rassegna nel 1939. Poi arrivo` la seconda guerra mondiale...

4. Non ci risulta che per l’Abruzzo e Molise sia stato fatto un lavoro relativo a queste manifestazioni.
   Abbiamo di proposito ristretto il campo ai soli artisti molisani trascurando tutti gli altri, compresi quelli delle Marche che in una sindacale furono invitati a partecipare: quella di Teramo del 1938.  Inoltre, tra gli artisti del Molise - così come anche lo fu per quelli d’Abruzzo e Marche - figurano non solo quelli nati ed operanti nella regione, ma anche quelli che pur non essendo molisani di origine risiedevano tra di noi per lavoro o studio (vedasi il caso di S.E. Costanzo Gazzera, nato a Torino ma residente a Campobasso nel 1937 in quanto era il Prefetto) e quelli che erano molisani per nascita ma vivevano ed operavano in altre regioni (ad esempio: Arnaldo De Lisio e Francesco Paolo Diodati che vivevano a Napoli).

5.  Le manifestazioni sindacali provinciali o interprovinciali di Belle Arti erano un avvenimento eccezionale e particolare per ogni artista; ed il parteciparvi o essere invitato a partecipare era un sogno che tutti potevano realizzare. I migliori venivano invitati ad esporre i lavori alla mostra nazionale sindacale. Non era necessario essere per forza iscritti al sindacato, tant’è vero che solo in occasione della mostra di Campobasso del 1937 in calce all’elenco degli espositori viene riportata, in caratteri abbastanza piccoli, la nota "Gli artisti segnati con asterisco sono iscritti al Sindacato Belle Arti". 
   D’altronde gli stessi concetti esprime Maurizio Fagiolo dell’Arco nel catalogo della mostra "Scuola romana - pittori tra le due guerre" tenutasi a Roma nel 1983, quando scrive a pag.19: "Resta il fatto che, almeno formalmente, il deprecato regime un suo comportamento verso l’arte lo esprime: 
1) si affida, prima di tutto, a tecnici del settore;
2) non impedisce l’espressione a tutti i dissidenti (emigrati a Parigi, scuola romana, astratti; 
3) non privilegia l’opera di gruppi (come il futurismo di S. E. Marinetti) rispetto ad altri; 
4) non rende obbligatorio rappresentare il Duce (e chi lo faceva, oggi, non a caso, esibisce tessere di sinistra o detiene Archivi e Fondazioni". 
  Quanto sopra senza intenzione alcuna di suscitare polemiche, ma solo per chiarire l’interesse che avevano gli artisti a partecipare alle sindacali. Infatti se scorriamo i sei cataloghi non deve far meraviglia trovare, accanto a nomi di perfetti sconosciuti anche agli addetti ai lavori, artisti di sicuro prestigio e di vasta notorietà anche oggi. E citeremo i non molisani, per non far torto ad alcuno: i Cascella (Basilio, Tommaso, Michele, Giovacchino), Raffaello Celommi, Carlo D’Aloisio da Vasto, Nicola D’Antino, Vincenzo Irolli, Pippo Rizzo, Luigi Servolini, ecc.

6. Nelle manifestazioni delle sindacali in terra d`Abruzzo, gli artisti molisani furono cosi` presenti: nella prima a L`Aquila 1932 con 3 esponenti - R. Musa, G. Ruggiero e M. Scarano; nella seconda a L’Aquila 1935 con 4 esponenti - N. Greco, G. Ruggiero, M. Scarano ed E. Trabucco; nella terza a Pescara 1936 diventano 6 - N. Fiocca, N. Greco, G. Ruggiero, M. Scarano, E. Trabucco ed A. Trivisonno; nella quinta a Teramo 1938  salgono a 7 - A. Germano, N. Greco, V. Manocchio, G. Ruggiero, M. Scarano, E. Trabucco ed A. Trivisonno; nella sesta a Chieti 1939 toccano i 5 - A. Greco, T. Nespeca, G. Ruggiero, M. Scarano ed E. Trabucco.
   A Campobasso nel 1937 si raggiunse la punta massima degli espositori molisani: 22. 
  I soli a partecipare a tutte le 6 manifestazioni furono Giovanni RUGGIERO e Marcello SCARANO.

7La IV mostra d’arte del sindacato interprovinciale fascista Belle Arti dell’Abruzzo e Molise si tenne a Campobasso nel Palazzo della Scuola "Enrico D’Ovidio".nel periodo 1-31 agosto 1937, anno XV Era Fascista.

CONFEDERAZIONE FASCISTA PROFESSIONISTI ED ARTISTI.                   

On. ALESSANDRO PAVOLINI Presidente
On. ANTONIO MARAINI Segretario del Sindacato Nazionale Fascista Belle Arti
Prof. DOMENICO CIFANI Segretario del Sindacato Interprovinciale Fascista Belle Arti dell’Abruzzo e Molise                                                   

COMITATO DELLA MOSTRA

Presidente:  Dott. RENATO PISTILLI - Podestà di Campobasso
Membri:  On. Prof. MICHELE ROMANO - Senatore del Regno; 
On. Maestro ADRIANO LUALDI - Deputato al Parlamento;  Prof. GIOVANNI RUGGIERO –
Fiduciario Sindacato Belle Arti del Molise Prof. AMEDEO TRIVISONNO –
Pittore Segretario della mostra  Pittore Giovanni RUGGIERO                       

GIURIA D`ACCETTAZIONE DELLE OPERE:

Pittore  GIOVANNI RUGGIERO  -     Presidente,
Pittore TOMMASO CASCELLA  -     Membro Pittore,
ARMANDO CERMIGNANI         -     Membro Scultore;
GUIDO COSTANZO                     -     Membro Pittore;
AMEDEO TRIVISONNO              -     Relatore.

La copertina del catalogo della mostra fu di Giovanni RUGGIERO.
L’artista preparo` sulla falsariga anche il cartello di propaganda della mostra.
Delle 536 opere presentate, furono accettate n. 358. In totale gli espositori furono in 61.

mercoledì 5 marzo 2014

Movimenti artistici e culturali: pittori molisani - nascita della"Scuola di Campobasso"


Penso che ai miei "25 lettori" (A. Manzoni "I Promessi Sposi" cap. I) sia sempre stata ben chiara la mia "filosofia giornalistica":
Svolgere un onesto ruolo da "cronista, forse ignorante ma sempre affamato di Sapere e desideroso di scoprire, senza mai ergersi a depositario di Verità.
Ritengo che solo animati da tale spirito si possa migliorare.
E' per questo che, in un'ottica di studio e  confronto, condivido un articolo segnalatomi in merito alla "Scuola di Campobasso", il movimento pittorico da me citato nell'articolo “Ritorno alla forma – la linea figurativa e realistica nell’arte molisana del novecento”.

Si tratta di uno scritto a firma di Alberindo Grimani pubblicato sulla rivista "Meridiano" (gennaio - febbraio 1989) diretta da Sabino D'Acunto.


PITTORI MOLISANI
NASCITA DELLA
"SCUOLA D I CAMPOBASSO"
di Alberindo Grimani


Michele Cammarano (Napoli 1835-­1920) arrivò a Campobasso su una vecchia diligenza, perché le sue con­dizioni di salute non potevano permettergli di usare il cavallo. II viaggio dovette sembrargli lun­go e fastidioso, ma non ne poteva fare a meno: il medico gli aveva consigliato di cambiare aria se voleva guarire e l'unica soluzione era il Molise, l'aria salubre di Campobasso.
Lungo la strada l'artista non trascurò di schiz­zare luoghi che attraversava. Nasceranno da lì opere come "Casolare sulla via di Campobasso', "Interno molisano", "Paesaggio molisano" e tante altre opere che ricordano il soggiorno nella nostra terra.
Probabilmente lo stesso era capitato a Marco De Gregorio (Resina 1829 - Napoli1876). Non può spiegarsi altrimenti il suo soggiorno nel Basso Molise. Oggi su una tela famosa, da tutti citata ed ammirata a Capodimonte, è la testimonianza dei suoi lavori molisani: l'opera è titolata "Veduta di Casacalenda".
Ma quanti altri artisti ebbero per seconda pa­tria il Molise?
Gioacchino Toma (Galatina di Lecce 1836­ - Napoli 1891), che sarà il Maestro di Arnaldo de Lisio e Francesco Paolo Diodati, combatté da sot­totenente garibaldino nel 1860 in Molise, lungo l'asse territoriale che collega Venafro ed Isernia. Molti suoi quadri dovrebbero oggi trovarsi nella zona ove, tra l'altro, cadde in un burrone e fu creduto morto.
Perché questa premessa un po' lunga? Facile a spiegare. Napoli, la grande e bella capitale del Regno delle Due Sicilie, era il sogno degli artisti e degli intellettuali che vi arrivavano da tutte le parti del Mezzogiorno d'Italia e non solo da lì. Si po­trebbe facilmente dire che agli inizi della seconda metà dell'Ottocento c'era una sola cultura unita­ria, quella napoletana e tante culture frammenta­rie, quelle delle rimanenti regioni italiane.
Questa verità bisogna avere finalmente il co­raggio di dirla! La vera cultura unitaria era quella napoletana, dei Borboni che ammettevano, anche con una forte punta di paternalismo, le idee rivoluzionarie di Spaventa e de Sanctis, di Bellelli e Imbriani, di Morelli e Altamura e Toma. Gli al­tri, invece, avevano solo l'idea unitaria della Nazione!
Un giorno, ad esempio, si dimostrerà che gli artisti napoletani sono di gran lunga superiori a certi artisti celebrati d'oltralpe. Un giorno si dirà che Pitloo (Olanda 1790 - Napoli 1837), Giacinto Gigante (Napoli 1806 -1876), Filippo Palizzi (Vasto 1818 - Napoli 1899), Domenico Morelli (Napo­li 1823 -1901), Saverio Altamura (Foggia 1826 - Napoli 1897) con Vincenzo Gemito (Napoli 1852 - 1929) ed altri sono stati gli iniziatori dell'ar­te moderna.
Un giorno si dirà che la pittura nuova, quella che si suole identificare con la Scuola romana di Via Cavour (Scipione, Mafai, Mazzacurati e Raphael) o con la Scuola napoletana (che faceva ca­po a Crisconio), in effetti era stata anticipata dalla Scuola di Campobasso.
Marcello Scarano, come dice il Moffa, "Nell'agosto del 1926, con cartoni ed oli affrontò la mostra del paesaggio a Campobasso e non eb­be alcun riconoscimento, tanto che la cronaca dell'iniziativa registra da parte dei promotori: 'questa volta ha usato una tecnica così strana e semplicistica che pur notandosi nello insieme le ben conosciute e pregevoli tendenze artistiche del giovane dilettante, non s'è potuto formulare un giudizio.'."
Marcello Scarano era stato a Roma sin dall'autunno del 1924 e vi era rimasto quasi continuatamene fino a tutto il 1925 e parte del 1926. Anche Amedeo Trivisonno era stato a Roma nel 1922 e nel 1923, prima di continuare i suoi studi a Firenze negli anni successivi.
Nel mio libro "Marcello Scarano e la sua pit­tura", coautore Giuseppe Jovine, è stato dimostra­to l'itinerario che l'artista molisano ha percorso prima di tutti gli altri artisti delle scuole sopra cita­te. Va detto, in questo momento, che quello che sembrava un isolamento dell'artista Scarano, da più critici autorevoli evidenziato, in effetti fu volu­to dal Nostro: quasi a significare che il pittore vo­leva nascere da solo, proprio a dispetto dei cano­ni tradizionali di studio che richiedono una pre­senza, anche indiretta, di un maestro.
La Scuola di Campobasso nasce da un con­tatto continuo e quotidiano di artisti, che se pure non ritengono di procedere a ricerche comuni, tuttavia li portano a confidare reciprocamente i risultati raggiunti.
La pittura di Scarano non ha nulla a che vedere con la risoluzione degli affreschi adottata da Amedeo Trivisonno e che si possono (almeno per quello che riguarda i primi e più importanti) an­cora vedere oggi nella Cattedrale di Campobasso. Ma se si guarda la pittura profana di Trivisonno, se si dà un'occhiata attenta ad opere di ritrattistica quali il "Dante Chiodini" o il "dottor D'Agostino" o "Silvia Scarano" della fine degli anni '20 (tutti tra il '26/27 se ben ricordo), si nota una certa impostazione di coloristica che è pro­pria anche dello Scarano.
La Scuola di Campobasso è esistita!
Il segnale di rottura del legame tradizionale che legava la cultura locale a quella napoletana, continua ancora in quegli anni da parte di celebri artisti molisani come Arnaldo de Lisio (Castelbottaccio 1869 - Napoli 1949) e Francesco Paolo Diodati (Campobasso 1864 - Napoli 1940); esso è par­tito da Scarano e riproposto da Trivisonno.
Infatti proprio nell'ambito degli affreschi è fa­cile fare il paragone con opere che si trovano a Campobasso: nel cinema-teatro Savoia e nella sede della Banca d'Italia le opere di de Lisio e nella Cattedrale già citata quelle di Trivisonno. L'evi­denza della tradizione culturale napoletana man­tenuta dal primo è spezzata ed ignorata dal se­condo.
A voler essere precisi, della Scuola vera e propria campobassana potrebbero essere chiamati a far parte, per un periodo relativamente breve e non ancora completamente identificato, anche Romeo Musa (Calice di Bedonia 1892 - ­Milano 1960), le cui opere sono visibili all'Istituto-convitto Mario Pagano di Campobasso ed una sua grande tela "La sagra del Matese" che dovrebbe sempre essere nella biblioteca del Provveditorato agli studi del Molise nel capoluo­go; e Giovanni Ruggiero (Isernia 1892 - Roma 1971), cui si deve anche la copertina del catalogo della IV Sindacale d'Abruzzo e Molise tenutasi a Campobasso nell'agosto 1937.
Poi arriva anche Giovanni Leo Paglione, l'unico vero allievo di Trivisonno, beniamino na­scosto di Marcello Scarano, al quale si avvicinerà molto dopo la partenza del suo Maestro Amedeo per l'Egitto. Ed il cerchio si chiude!
Questa, per sommi capi, è la Scuola di Campobasso: Scarano, Trivisonno e Paglione con le momentanee presenze di Musa e Ruggiero. Ci sa­rà qualche artista che in maniera diretta o indiret­ta avrà la fortuna di collegarsi a quegli artisti; ma ben presto prenderà altre strade a volte felici ed a volte no.
Qualcuno, a questo punto, si chiederà come è nata e perché è nata la Scuola di Campobasso; Paglione altri che significato può avere conoscere o meno le sue vicende, visto che del suo operare non ci sono tracce né sui libri di Storia dell'arte né sui. È proprio questa la storia che cercheremo di giornali locali dell'epoca.illustrarvi e proporvi, appena possibile.


"Marcello Scarano e la sua pittura"
di Alberindo Grimani e Giuseppe Jovine
edizioni Isotta Scarano
anno 1986




lunedì 10 febbraio 2014

“Ritorno alla forma – la linea figurativa e realistica nell’arte molisana del novecento”. La Scuola di Campobasso ed il Novecento molisano in mostra alla Galleria Artes del Capoluogo.


"Il Quotidiano del Molise"
del 08 febbraio 2014

di Paolo Giordano


la Galleria ARTES
Nella Galleria Artes di Campobasso, quasi a volerne festeggiare nel migliore dei modi il primo anno di vita, è stata allestita la mostra “Ritorno alla forma – la linea figurativa e realistica nell’arte molisana del novecento”. 
L’importante evento, curato da Francesca Della Ventura e Tommaso Evangelista, analizza quella che potrebbe essere ritenuta l’unica autentica linea artistica molisana, riunendo –per la prima volta– tutti i grandi pittori figurativi che hanno operato in Molise.
Tale “corrente” è generalmente ritenuta anacronistica, eppure la mancanza di legame con le “avanguardie” (che ben tardi arriveranno in Regione grazie al Premio Termoli) ha caratterizzato la cultura locale, non tagliando fuori il Molise dal panorama nazionale, bensì consentendo la nascita di una vera e propria Scuola, quella di Campobasso.
Fu il compianto Lino Mastropaolo (?) a coniare tale definizione riferendosi al gruppo di artisti che si ispira a Trivisonno, o che ne sono stati allievi, o che, comunque, ne hanno subito influenza.
Unitamente al Maestro Amedeo, un talento “fuori dal tempo”, ma pienamente inserito nella Storia dell’Arte Italiana, è stata parimenti determinante un’altra personalità totalmente diversa: il bohemien Marcello Scarano.
morti bianche (Genua)
Insomma, è offerta al visitatore (dal 21/12/13 al 12/02/14), in un ambiente di forte spessore tecnico e qualitativo, una rassegna completa ed esplicativa dei figurativi molisani. 
Le opere sono atemporali e con una valenza universale. In esse si riscontra l’attenta ricerca formale e la cura di quei valori che sono alla base della buona pittura.
Aprono la mostra i quadri di D’Attellis tra i quali la “discarica” in cui la Venere di Urbino del Tiziano viene deposta (all’ombra del Monforte) su un camion della nettezza urbana: inquietante ed inconfutabile icona della furia iconoclasta della nostra epoca.
Un autentico scoop le opere dell’isernino Ucciferri, cariche di sensualità ed analisi dell’identità della persona, che da oltre 5 anni non erano ammirate da un pubblico. 
donna col costume
di Frosolone
(Gilda Pansiotti)

Particolare l’accostamento di due “crocifissioni”: quella di Pettinicchi, con la sua struggente distorsione dei corpi, e quella di Oriente che, memore dei toni espressionistici del Pettinicchi, caratterizza la scena con una variegata e grottesca umanità.

Fresche e vitali le sculture di Manocchio, d’effetto il neorealismo di Genua, di grande qualità la pregevole produzione di Paglione, còlto negli aspetti più intimi e nascosti del suo religiosissimo animo.
L’unica presenza femminile è la milanese Gilda Pansiotti, molisana d’adozione, che dopo aver esposto nella Berlino degli anni ‘30 ed in diverse biennali organizzate durante il “ventennio”, si innamorò della XX piccola regione. Sua una serie di costumi popolari: nei locali di Artes la “donna col costume di Frosolone”.
Autoritratto (Scarano)
Affascinate, infine, il dialogo tra i due Maestri i cui capolavori sono collocati nello stesso spazio gli uni di fronte agli altri.
Scarano sia con la sua pennellata densa, che si rifà alla Scuola Romana, e sia con l’inconfondibile tratto quasi impressionista.
Trivisonno (anche) con un autoritratto che richiama proprio la tecnica di Marcello Scarano e con un sorprendente bozzetto “barocco” (Natività), in cui le figure emergono, estratte dall’ombra, grazie ad un sapiente uso del pennello.

Nell’ultima sala due autori in cui si concretizza una sorta di epilogo. Di Toro che, ispirandosi a Guttuso, incarna l’ultima propaggine di realismo sociale ed il romano Papa che, avendo affrescato la Cattedrale di Bojano, rappresenta la continuità dell’Arte Sacra in Molise, di cui Trivisonno e “l’allievo” Paglione sono gli indiscussi capiscuola. 
Parrebbe, quindi, che la Mostra si concluda con un interrogativo sulle incertezze del “domani”: quale sarà il prosieguo della linea figurativa e realistica nell’arte molisana?

Autoritratto (Trivisonno)


"Natività" (Trivisonno)


 
Crocifissione (Pettinicchi)


Crocifissione (Oriente)