Penso che ai miei "25 lettori" (A. Manzoni "I Promessi Sposi" cap. I) sia sempre stata ben chiara la mia "filosofia giornalistica":
Svolgere un onesto ruolo da "cronista, forse ignorante ma sempre affamato di Sapere e desideroso di scoprire, senza mai ergersi a depositario di Verità.
Ritengo che solo animati da tale spirito si possa migliorare.
E' per questo che, in un'ottica di studio e confronto, condivido un articolo segnalatomi in merito alla "Scuola di Campobasso", il movimento pittorico da me citato nell'articolo “Ritorno alla forma – la linea figurativa e realistica nell’arte molisana del novecento”.
Si tratta di uno scritto a firma di Alberindo Grimani pubblicato sulla rivista "Meridiano" (gennaio - febbraio 1989) diretta da Sabino D'Acunto.
PITTORI MOLISANI
NASCITA DELLA
"SCUOLA D I CAMPOBASSO"
di Alberindo Grimani
Michele
Cammarano (Napoli 1835-1920) arrivò a Campobasso su una vecchia diligenza,
perché le sue condizioni di salute non potevano permettergli di usare il
cavallo. II viaggio dovette sembrargli lungo e fastidioso, ma non ne poteva
fare a meno: il medico gli aveva consigliato di cambiare aria se voleva guarire
e l'unica soluzione era il Molise, l'aria salubre di Campobasso.
Lungo la
strada l'artista non trascurò di schizzare luoghi che attraversava. Nasceranno
da lì opere come "Casolare sulla via di Campobasso', "Interno
molisano", "Paesaggio molisano" e tante altre opere che
ricordano il soggiorno nella nostra terra.
Probabilmente lo stesso era capitato a Marco De Gregorio (Resina 1829 - Napoli 1876). Non può
spiegarsi altrimenti il suo soggiorno nel Basso Molise. Oggi su una tela
famosa, da tutti citata ed ammirata a Capodimonte, è la testimonianza dei suoi
lavori molisani: l'opera è titolata "Veduta di Casacalenda".
Probabilmente lo stesso era capitato a Marco De Gregorio (Resina 1829 - Napoli
Ma quanti altri
artisti ebbero per seconda patria il Molise?
Gioacchino
Toma (Galatina di Lecce 1836 - Napoli 1891), che sarà il Maestro di Arnaldo de
Lisio e Francesco Paolo Diodati, combatté da sottotenente garibaldino nel 1860
in Molise, lungo l'asse territoriale che collega Venafro ed Isernia. Molti suoi
quadri dovrebbero oggi trovarsi nella zona ove, tra l'altro, cadde in un
burrone e fu creduto morto.
Perché questa
premessa un po' lunga? Facile a spiegare. Napoli, la grande e bella capitale
del Regno delle Due Sicilie, era il sogno degli artisti e degli intellettuali
che vi arrivavano da tutte le parti del Mezzogiorno d'Italia e non solo da lì.
Si potrebbe facilmente dire che agli inizi della seconda metà dell'Ottocento
c'era una sola cultura unitaria, quella
napoletana e tante culture frammentarie,
quelle delle rimanenti regioni italiane.
Questa verità
bisogna avere finalmente il coraggio di dirla! La vera cultura unitaria era
quella napoletana, dei Borboni che ammettevano, anche con una forte punta di
paternalismo, le idee rivoluzionarie di Spaventa e de Sanctis, di Bellelli e
Imbriani, di Morelli e Altamura e Toma. Gli altri, invece, avevano solo l'idea unitaria della Nazione!
Un giorno, ad
esempio, si dimostrerà che gli artisti napoletani sono di gran lunga superiori
a certi artisti celebrati d'oltralpe. Un giorno si dirà che Pitloo (Olanda 1790
- Napoli 1837), Giacinto Gigante (Napoli 1806 -1876), Filippo Palizzi (Vasto
1818 - Napoli 1899), Domenico Morelli (Napoli 1823 -1901), Saverio Altamura
(Foggia 1826 - Napoli 1897) con Vincenzo Gemito (Napoli 1852 - 1929) ed altri
sono stati gli iniziatori dell'arte moderna.
Un giorno si dirà che la pittura nuova, quella che si suole identificare con la Scuola romana di Via Cavour (Scipione, Mafai, Mazzacurati e Raphael) o con la Scuola napoletana (che faceva capo a Crisconio), in effetti era stata anticipata dalla Scuola di Campobasso.
Un giorno si dirà che la pittura nuova, quella che si suole identificare con la Scuola romana di Via Cavour (Scipione, Mafai, Mazzacurati e Raphael) o con la Scuola napoletana (che faceva capo a Crisconio), in effetti era stata anticipata dalla Scuola di Campobasso.
Marcello
Scarano, come dice il Moffa, "Nell'agosto del 1926, con cartoni ed oli
affrontò la mostra del paesaggio a Campobasso e non ebbe alcun riconoscimento,
tanto che la cronaca dell'iniziativa registra da parte dei promotori: 'questa
volta ha usato una tecnica così strana e semplicistica che pur notandosi nello
insieme le ben conosciute e pregevoli tendenze artistiche del giovane dilettante,
non s'è potuto formulare un giudizio.'."
Marcello Scarano era stato a Roma sin dall'autunno del 1924 e vi era rimasto quasi continuatamene fino a tutto il 1925 e parte del 1926. Anche Amedeo Trivisonno era stato a Roma nel 1922 e nel 1923, prima di continuare i suoi studi a Firenze negli anni successivi.
Marcello Scarano era stato a Roma sin dall'autunno del 1924 e vi era rimasto quasi continuatamene fino a tutto il 1925 e parte del 1926. Anche Amedeo Trivisonno era stato a Roma nel 1922 e nel 1923, prima di continuare i suoi studi a Firenze negli anni successivi.
Nel mio libro
"Marcello Scarano e la sua pittura", coautore Giuseppe Jovine, è
stato dimostrato l'itinerario che l'artista molisano ha percorso prima di
tutti gli altri artisti delle scuole sopra citate. Va detto, in questo
momento, che quello che sembrava un isolamento dell'artista Scarano, da più
critici autorevoli evidenziato, in effetti fu voluto dal Nostro: quasi a
significare che il pittore voleva nascere da solo, proprio a dispetto dei canoni
tradizionali di studio che richiedono una presenza, anche indiretta, di un
maestro.
La Scuola di
Campobasso nasce da un contatto continuo e quotidiano di artisti, che se pure
non ritengono di procedere a ricerche comuni, tuttavia li portano a confidare
reciprocamente i risultati raggiunti.
La pittura di
Scarano non ha nulla a che vedere con la risoluzione degli affreschi adottata
da Amedeo Trivisonno e che si possono (almeno per quello che riguarda i primi e
più importanti) ancora vedere oggi nella Cattedrale di Campobasso. Ma se si
guarda la pittura profana di Trivisonno, se si dà un'occhiata attenta ad opere
di ritrattistica quali il "Dante Chiodini" o il "dottor
D'Agostino" o "Silvia Scarano" della fine degli anni '20 (tutti
tra il '26/27 se ben ricordo), si nota una certa impostazione di coloristica
che è propria anche dello Scarano.
La Scuola di
Campobasso è esistita!
Il segnale di
rottura del legame tradizionale che legava la cultura locale a quella
napoletana, continua ancora in quegli anni da parte di celebri artisti molisani
come Arnaldo de Lisio (Castelbottaccio 1869 - Napoli 1949) e Francesco Paolo
Diodati (Campobasso 1864 - Napoli 1940); esso è partito da Scarano e riproposto
da Trivisonno.
Infatti
proprio nell'ambito degli affreschi è facile fare il paragone con opere che si
trovano a Campobasso: nel cinema-teatro Savoia e nella sede della Banca
d'Italia le opere di de Lisio e nella Cattedrale già citata quelle di
Trivisonno. L'evidenza della tradizione culturale napoletana mantenuta dal
primo è spezzata ed ignorata dal secondo.
A voler essere
precisi, della Scuola vera e propria campobassana potrebbero essere chiamati a
far parte, per un periodo relativamente breve e non ancora completamente
identificato, anche Romeo Musa (Calice di Bedonia 1892 - Milano 1960), le cui
opere sono visibili all'Istituto-convitto Mario Pagano di Campobasso ed una sua
grande tela "La sagra del Matese" che dovrebbe sempre essere nella
biblioteca del Provveditorato agli studi del Molise nel capoluogo; e Giovanni
Ruggiero (Isernia 1892 - Roma 1971), cui si deve anche la copertina del catalogo
della IV Sindacale d'Abruzzo e Molise tenutasi a Campobasso nell'agosto 1937.
Poi arriva
anche Giovanni Leo Paglione, l'unico vero allievo di Trivisonno, beniamino nascosto
di Marcello Scarano, al quale si avvicinerà molto dopo la partenza del suo
Maestro Amedeo per l'Egitto. Ed il cerchio si chiude!
Questa, per
sommi capi, è la Scuola di Campobasso: Scarano, Trivisonno e Paglione con le
momentanee presenze di Musa e Ruggiero. Ci sarà qualche artista che in maniera
diretta o indiretta avrà la fortuna di collegarsi a quegli artisti; ma ben
presto prenderà altre strade a volte felici ed a volte no.
Qualcuno, a
questo punto, si chiederà come è nata e perché è nata la Scuola di Campobasso; Paglione
altri che significato può avere conoscere o meno le sue vicende, visto che del
suo operare non ci sono tracce né sui libri di Storia dell'arte né sui. È
proprio questa la storia che cercheremo di giornali locali dell'epoca.illustrarvi
e proporvi, appena possibile.
"Marcello Scarano e la sua pittura" di Alberindo Grimani e Giuseppe Jovine edizioni Isotta Scarano anno 1986 |
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