APPROFONDIMENTI ARALDICI SUGLI STEMMI CAMPOBASSANI
DEI MOLISE E DEI MONFORTE - GAMBATESA.
di Paolo Giordano e Salvatore Scivales.
ARCHEO MOLISE OTTOBRE DICEMBRE 2013 |
E’ opportuno coinvolgere ed
interessare un pubblico sempre più vasto all’Araldica (Scienza del Blasone),
una dottrina ancora incredibilmente attuale per lo studio della Storia e delle
Società. Cogliamo l'occasione di farlo presentando un argomento utile ad approfondire
la conoscenza degli stemmi feudali presenti sulle porte della cinta muraria
della città di Campobasso.
“Altro stemma di altra famiglia
vedesi sull’arco di porta San Paolo”. E’ così che abilmente aggira l’ostacolo Antonino
Mancini (Mancini 1942). Identica è la scelta di Vincenzo Eduardo Gasdia (Gasdia
1960), seguito a ruota da padre Eduardo Di Iorio (Di Iorio 1978). Entrambi gli
studiosi non si sbilanciano, né tantomeno si avventurano nel tentativo di
giungere ad un’attribuzione: “sull’arco di porta San Paolo si può vedere un
altro stemma, che non è né della municipalità né di casa Monforte”.
A provocare “un danno” è
sicuramente il Touring Club (Touring Club 2005) che osa laddove altri si
astennero. Nelle pagine riservate a Campobasso si legge: “porta San Paolo (stemma
Monforte-Gambatesa)”.
stemma su Porta San Paolo a Campobasso |
Nella certezza che fosse un’affermazione
infondata, poiché ben altre erano le insegne di questi feudatari, restava,
comunque, ignota la paternità dell’arme campobassana che nessuno degli autori
citati descrive: “alla banda caricata di tre scudetti”, ovvero con una fascia
obliqua contenente tre scudi e sormontata da una precisa data, cioè l’anno
1374.
Di Sicuro un’attenta ricerca nell’articolato mondo dei blasoni avrebbe consentito di pervenire molto prima alla sua corretta
identificazione.
stemma coniugale Monforte - Molisio |
La traccia fondamentale per
un’indagine storico-araldica è stata offerta dai lavori di consolidamento del
Castello di Campobasso. Scrive l’allora soprintendente Mario Pagano (Mario
Pagano 2006) che “nel 1991, durante lo smontaggio di una scarpa eretta a
ridosso dell’originaria cortina quattrocentesca” furono rinvenuti frammenti di
protomaiolica (antico prodotto meridionale in ceramica rivestita con smalto) e di
vasellami. Su uno di questi ultimi c’è uno stemma coniugale con i simboli delle
due famiglie. Lo sposo a destra (sinistra per chi guarda) “alla croce
accantonata da 4 rose”, la sposa a sinistra (destra per chi guarda) “alla banda
caricata da tre scudi”: lo stesso che domina da porta San Paolo!
Fatte le debite riflessioni,
aiutati dalla data e da altri dettagli come la grande “R”, che firma uno dei
reperti del maniero, non si può che identificare gli sposi in Riccardo
Gambatesa (se I o II ne ragioneremo in seguito) e Tommasella di Molisio, ultima
rampolla della sua stirpe ad esser stata Signora di Campobasso. I discendenti
di Rodolfo de Moulins si fregiavano, però, di una “sbarra di azzurro” senza alcun altro
simbolo, ma il mondo dell’araldica è ben complesso, per cui nel corso dei secoli
saranno intercorse chi sa quali variazioni, le cui cause sono tutte da
scoprire.
stemma Vico Sant'Andrea Campobasso |
Al
termine di questo processo deduttivo, quindi, asseriamo, senza tema di smentita
che su porta San Paolo campeggia l’emblema dei Molise. Inoltre visitando, tra i
tanti, il sito dell’archivio storico di Crotone ci si imbatte nell’antica famiglia
aristocratica crotonese dei Nola de Molise avente “d’oro, alla banda “torchina”
caricata da tre scudi”: in parole povere un vessillo identico a quello di donna
Tommasella.
A questo punto la naturale successiva fase di studio ci riconduce al di lei consorte. Chi era
costui? Riccardo I o il nipote di
questi, Riccardello, generato dalla figlia Sibilia? E di conseguenza lo stemma
dei Monforte di Campobasso è realmente il “loro” oppure è, come da tempo sospettiamo,
l’arme esclusiva della famiglia Gambatesa?
La
famiglia Monforte, che vantava origini francesi (Monfort) esibiva “d’argento al
leone d’azzurro tenente con le branche anteriori uno scudetto d’oro caricato di
5 code d’ermellino di nero”.
Eppure in nessuna delle nostre Terre si trova un simile stemma. Nelle
città che furono dei Monforte-Gambatesa, invece, è ripetutamente scolpita “la
croce d’argento accantonata di rose su fondo d’oro” (Croce 2001) ovvero “di
rosso alla croce scorciata di oro, accantonata da 4 rose dello stesso” (Padiglione
1914).
Al di
la dei “colori” il dato rilevante è che solo nel “Contado di Molise” risulta
diffuso lo scudo con croce e rose. A Campobasso ve ne sono ben 4: Porta
Sant’Antonio Abate, atrio del Comune (proveniente dalla distrutta Porta San
Leonardo?), arco dell’ingresso sul ponte levatoio del Castello e pietre
angolari inglobate nel torrione meridionale dello stesso. A
Tufara se ne possono ammirare “uno sulla porta del centro storico ed uno sul
campanile della locale parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo”(De Benedittis ne "Il Castello di Tufara" AA.VV. 1990).
Stemma Monforte Gambatesa atri del comune di Campobasso |
Infine a Santa Maria della Strada (Matrice) è conservata un’acquasantiera con
scudo a testa di cavallo contenente l’oramai celebre
croce accantonata. Necessiterebbe sicuramente “allargare” le ricerche,
appurando, ad esempio, quali fossero le insegne di Federico Monforte detto
Gambatesa, feudatario di Rocca d’Evandro, che nel 1528 osò ribellarsi a Carlo V
(Gleijeses
1981). Quel suo castello fu preso dalle bande del Maramaldo ed il tesoro di
Montecassino, ivi nascosto, divenne preda degli assalitori. Filiberto Campanile
(Campanile 1610) ritiene, però, che costui non abbia relazione alcuna con i “nostri”
Monforte Gambatesa.
Facendo un passo indietro
stupisce alquanto che finanche lo “storico della Famiglia Monforte”, il vescovo
illuminista Alessandro Maria Kalefati (Kalefati 1778), nella sua opera,
riprodotta nel 2013 in copia anastatica, ignori le quattro rose in favore del
“leone”.
Non è da escludere che l’episcopo
non abbia mai visitato il Molise. All’alto prelato fa eco, a distanza di più
d’un secolo, il Trombetta che, in una sua famosa cartolina, affianca appunto il
leone, con
scudo e code d’ermellino, ad
un ritratto del conte Cola (presumibilmente ispirato all’incisione ottocentesca
del napoletano Carlo Biondi).
cartolina trombetta con ritratto del conte Cola e lo stemma "Monfort" di Francia |
Il Masciotta (Masciotta 1914) nelle
notizie feudali relative a Tufara tralascia totalmente il prenome Monforte: titolari
ne furono i Gambatesa la cui signoria finì nel 1465. Per spiegare tale data egli
rimanda alle vicende legate ai Gambatesa (poi Gambatesa-Monforte) conti di
Campobasso e si riferisce alla cacciata di Nicola II (il conte Cola) da parte
del re Ferrante.
Benedetto Croce (Croce 2001), più
o meno volutamente spinge ad ulteriori riflessioni instillando il dubbio, poiché
scrive quasi indistintamente di Gambatesa, Monforte e Monforte-Gambatesa. Il De
Gingins, in un lavoro rimasto inedito (Croce 2001), negò che Cola di Campobasso
fosse “di quella famiglia” (Monfort), perché in realtà era un Gambatesa, e che ne
aveva preso il nome per rivendicare un’eredità da un “ramo” in via di estinzione.
Ma “ciò non è esatto -ribatte Croce- perché il conte di Termoli, al quale si
allude, era esso stesso un Gambatesa, e perché questi Gambatesa erano veramente
dei Monforte, che, per essersi estinta la famiglia Gambatesa, avevano aggiunto
al loro proprio un secondo cognome: Monforte alias Gambatesa, come si trovano
chiamati”.
Infatti Riccardo di Gambatesa (anni ‘70 del 1200 - 1326), “ostiario e familiare
regio”, non ebbe figli maschi. Nominato tutore di Giovannuccio Monforte, maturò verso di lui un così
profondo affetto da concedergli la mano della figlia Sibilia. Per salvare dall’estinzione
il suo casato chiese ed ottenne, nel testamento, che il nipote Riccardello
aggiungesse al proprio cognome quello materno: Riccardo II, figlio di Giovanni fu
pertanto il primo Monforte-Gambatesa. Ciò lascia supporre, con ragionevole
certezza, che venne fatta propria anche l’Arme di quell’antica ed importante
schiatta.
ritratto del Conte Cola (archivio Giovanni Fanelli) |
Per forza di cose eccoci di nuovo
al matrimonio tra Tommasa e Riccardo i cui fasti furono impressi sulla ceramica
oggi conservata nel Museo Sannitico. Tra i genealogisti regna una certa
confusione. Per Croce e Gasdia egli era Riccardo II (Riccardello) e quindi si
dovrebbero raccogliere altre “prove” per dimostrare che questi, oltre al “nomen”,
avesse assunto anche il vessillo. Accettando invece la versione del Campanile,
del Kalefati o del Masciotta (Campanile 1610, Kalefati 1778, Masciotta 1914),
per i quali la figlia di Guglielmo de Molisio sposò Riccardo I, “l’insigne
difensore di Genova ai tempi di re Roberto” d’Angiò, si è dinanzi al più
classico dei sillogismi:
lo sposo è il Gambatesa, lo stemma è il suo, “le quattro rose” sono esclusive
dei Gambatesa. Tanto basterebbe per trarre delle conclusioni, ma continuando a
consultare il vasto maremagnum offerto da internet si scopre che in Piemonte
erano signori di Roure e consignori di Maria dei Gambatesa aventi “di rosso la
croce scorciata, accantonata da quattro rose, il tutto d’oro”, così come anche
riportato in Padiglione (Padiglione
1914). Potrebbe forse trattarsi di qualche discendente trasferitosi ai confini con la
Francia? La croce è “scorciata”, cioè i quattro bracci, uguali, non toccano i
lembi dello scudo mentre l’emblema Gambatesa-Monforte ha la croce piena, vale a
dire che arriva a toccarne i bordi. Come per i Molise, però, non si può
escludere si tratti di una variante generatasi nel tempo. Lo stesso Gasdia li
cita tutti e due (Gasdia 1960) associandoli entrambi ai signori di Campobasso
Stemma Riccardo Gambatesa (immagine Federico Bona) |
.
In
nostro favore, a fugare ogni dubbio, un testimone d’eccezione nella persona di Federico Bona, fondatore e gestore del sito “Blasonario della famiglie
subalpine”. Egli, da noi interpellato, ha senza dubbi o incertezze
tempestivamente risposto ad un nostro quesito: “i feudi di Roure e di Maria nel
Nizzardo furono di Riccardo di Gambatesa Siniscalco di Piemonte”. Del resto
approfondendo lo studio della sua biografia si constata che costui, oltre che giustiziere
dell’Abruzzo Ulteriore, fu siniscalco di Folcarquier e di Provenza. Originaria
di questa provincia era la nobile Caterina, con cui contrasse matrimonio,
acquisendo un sempre più saldo legame con quell’area geografica.
Una
doverosa osservazione è che solo con Nicola II “Monforte Gambatesa Molise De
Cabannis” (Gasdia 1960) scompaiono in via definitiva tutti gli altri cognomi.
Probabilmente perché il conte Cola, personaggio tanto grande quanto ambizioso, l’unico
a poter reggere il confronto con il suo illustre avo, cercò di nobilitare ancor
più la sua origine ricollegandosi ai Monfort (francesi)
elidendo, ingiustamente, il cognome Gambatesa che comunque non era davvero
secondo a nessuno. Tanta fu, infatti, la fama di Riccardo di Gambatesa,
conosciuto quale virtuoso e “savio signore”, vincitore in battaglia dei Savoia
e dei Visconti, che in qualità di vicario (viceré) difese con somma abilità
bellica, ed elevate capacità di comando, Genova da un assedio che il Villani (http://www.treccani.it/enciclopedia/riccardo-gambatesa_(Dizionario-Biografico) non esitò a
paragonare a quello di Troia.
Lo
stemma dei Monforte di Campobasso, quindi, non è il blasone di un ramo cadetto
e, pertanto di minor lignaggio, di una discendenza d’oltralpe, bensì è la firma
lasciata nella Storia da una Famiglia tutta Molisana, quella dei Gambatesa, che
la Storia stessa ha contribuito a scrivere.
Si ringraziano Franco Valente e Stefano Vannozzi per
le piacevoli chiacchierate, i preziosi suggerimenti e gli amichevoli nonché
stimolanti dissensi. I costruttivi confronti con i due studiosi hanno, anche se
indirettamente, contribuito alla la genesi di questa nostra riflessione.
Bibliografia:
AA.VV., 1990, Il
Castello di Tufara, Lanciano.
AA.VV., 2011,
Millemetri, la rivista di Cercemaggiore n° 2, Cercemaggiore.
Croce,
Benedetto. Ristampa 2001. Croce: Cola Di Monforte, conte di Campobasso, Campobasso.
Padiglione
Carlo. 1914, Trenta Centurie di Armi gentilizi, Napoli.
Di Iorio,
Eduardo. 1978, Campobasso itinerari di storia e di arte, Campobasso.
Filiberto
Campanile. 1610, L’armi, overo insegne de’ nobili, Napoli.
Gasdia, Vincenzo
Eduardo Gasdia. 1960, Storia di Campobasso, volume II, Verona.
Gleijeses,
Vittorio, 1981, Castelli in Campania, Napoli.
Kalefati,
Alessandro Maria. 1778, Dissertazione istorico-critica della famiglia Monforte
dei conti di Campobasso, Napoli.
Mancini,
Antonino. 1942, Campobasso
nel 1742, Campobasso.
Masciotta,
Giambattista. 1914,: Il Molise volume
II, Napoli.
Miele, Michele.
1980, La chiesa del Convento di Santa Maria della Libera di Cercemaggiore,
Napoli
Pagano, Mario.
2006, Il più antico pavimento di piastrelle in protomaiolica nel regno di
Napoli dal castello di Campobasso, di Riccardo II Gambatesa Monforte,
Campobasso.
Touring Club Italiano. 2005,
Abruzzo e Molise vol n°22, Milano.
Sitografia:
http://www.archiviostoricocrotone.it/doc/nola_molise.html
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