...ora avvenne che Delicata Civerra s’innamorò di Alfonso Mastrangelo…
Quei giovani ebbero una grandissima sventura, cioè di appartenere l’uno ad una fazione di ostinati com’erano i Crociati, e l’altra ad un partito di ambiziosi che si appellavano Trinitari.”
Il Quotidiano del Molise del 24 novembre 2013
di Paolo Giordano
“Nel punto in cui i due nuclei (l’abitato basso ed il castello al vertice) erano messi in comunicazione sorgeva una piazza d’armi, ben difesa da un articolato sistema, del quale rimane traccia evidente nei ruderi della torre del Lupo, più nota come Terzano” (Gabriella Di Rocco – Cronache Casellane n° 161/2006).
Detto torrione è anche conosciuto
come “di San Bartolomeo”, per la vicina chiesa, nonché “della Delicata Civerra”,
poiché la tradizione vuole che il padre l’abbia ivi reclusa al fine di
ostacolare l’amore tra lei e Fonzo Mastrangelo. Questa struggente storia fu
pubblicata da Pasqaule Albino (1817-1899) per la prima volta nel 1848. Egli
riprendendo un episodio “secondario” de “La Pace” (1841) di Michelangelo
Ziccardi (1802-1845), diede alle stampe una novella in cui oltre alla vicenda
romantica si affrontava un’attualissima, per l’epoca, questione politica.
Infatti il superamento delle rivalità tra le fazioni locali (nello specifico
Trinitari e Crociati) stava a
simboleggiare la pacificazione di tutti gli italiani con un unico obiettivo:
l’Unità Nazionale.
I Civerra, secondo lo Ziccardi,
furono tra coloro che “aggregaronsi” alla confraternita che “in quella nuova
chiesa della Trinità si eresse”, mentre “i Mastrangeli” appartenevano “alla
fraternita della Croce”. Il suo costrutto potrebbe, in un lettore distratto,
ingenerare confusione quando afferma che “fu con solenne pompa seppellita da’
crociati in San Giorgio il sabato 13 marzo” 1587. Un tributo d’affetto tradivo
ad una vittima delle scellerate lotte fratricide da parte degli “ex avversari”.
Effettivamente in San Giorgio, prima dei restauri (anni ’80 del 1900), era
murato, a destra entrando, un bassorilievo con Cristo morto che dicevasi essere
la tomba della virtuosa giovane.
L’Albino, invece, è oltremodo
chiaro: “ora avvenne che Delicata Civerra s’innamorò di Alfonso Mastrangelo…
Quei giovani ebbero una grandissima sventura, cioè di appartenere l’uno ad una
fazione di ostinati com’erano i Crociati, e l’altra ad un partito di ambiziosi
che si appellavano Trinitari.” Insomma al giorno d’oggi Delicata, nelle
fattezze di un manichino agghindato di tutto punto, è stata “nuovamente” (per
motivi cultural-turistici) rinchiusa nella Torre. Ella tristemente siede ad un
tavolo/scrittoio ed un cartellone bilingue ne narra le vicissitudini. Anche se
è estremamente improbabile che questa struttura, sicuramente ancora funzionante
per scopi militari alla fine del 1500, l’abbia “ospitata”, non si può che
apprezzare l’intento di valorizzare le antiche vestigia cittadine, consentendo
inoltre ai visitatori di entrare in contatto con la storia locale.
Però, al calar delle tenebre, la
mancanza di illuminazione trasforma colei che fu “bellissima fanciulla di modi
soavi” in un fantasma che a stento si intravede nelle inquietanti tenebre.
Tale situazione non poteva
sfuggire al Pasquino di turno, che ha puntualmente infialato un biglietto tra
le sbarre: “Vergogna!!! È mai possibile che sta cristiana debba continuare a
soffrire al buio? Appicciatele una candela, perlomeno.”
La speranza è che l’accorato appello venga al più presto accolto!
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Fonzo e Delicata (di Antonio Pettinicchi) |
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