Il Quotidiano del Molise del 10 maggio 2012 |
di
Paolo Giordano
stampa ottocentesca
con la chiesa di Sant'Angelo
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(mr.valavennis..er..ù-s-a..s)
l'iscrizione osca
trascritta dal Balzano
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Per
salvaguardare i clienti fece manipolare da uno scalpellino la scivolosa lastra in pietra che fungeva da soglia alla porta d’ingresso.
Su di essa era incisa
un’iscrizione in lingua osca andata irrimediabilmente perduta.
Il caso volle che lo studioso abruzzese Vincenzo Balzano ne avesse trascritto il contenuto, dal Gasdia poi riportato nei suoi studi.
Negli anni ‘20 del ‘900, pur mantenendo la vecchia “insegna”, la gestione della fino ad allora malfamata cantina passò a Giovanni Belnudo, un ingegnaccio dalla numerosa famiglia: aveva ben 9 figli. Egli era un tomaista che confezionava scarpe “miracolose”, degne di San Crispino, rendendo inoffensivi calli, duroni ed ogni altra fonte di tortura per i piedi. Negli anni 27-28 confezionò un pallone per la squadra di calcio del Campobasso ed ottenne anche l’appalto della fornitura di scarpe ai soldati del locale distretto, i quali così marciarono sicuramente con molte meno sofferenze. Grazie a lui “Fiammifero” divenne un approdo ricercatissimo dai campobassani e, particolarmente nei mesi caldi, c’era l’assalto ai tavoli all’aperto: un’altra felice intuizione del cantiniere. “Funzionava a vino, anche se proprio il vino era escluso dalla licenza. Speciali “le caponate”, le pizze al pomodoro ed il soffritto” (V.Vigliardi – 30 anni sotto il Monforte).
Il
Belnudo si approvvigionava del nettare di Bacco (uno dei migliori prodotti
della regione) girando con il suo carretto per i vari paesi. Il sabato sera si
registrava il tutto esaurito: partite a carte, chiacchiere e gioia di vivere.
L’ultimo giorno di maggio, per la festa della Madonna dei Monti, l’ex chiesa si
illuminava con i palloncini veneziani fabbricati dall’eclettico Giovanni. Poi,
contrariamente a quel che avvenne a Cana di Galilea, il vino si tramutò in
acqua: i lavori per la costruzione dell’Acquedotto spazzarono via tutto!
Negli anni ‘20 del ‘900, pur mantenendo la vecchia “insegna”, la gestione della fino ad allora malfamata cantina passò a Giovanni Belnudo, un ingegnaccio dalla numerosa famiglia: aveva ben 9 figli. Egli era un tomaista che confezionava scarpe “miracolose”, degne di San Crispino, rendendo inoffensivi calli, duroni ed ogni altra fonte di tortura per i piedi. Negli anni 27-28 confezionò un pallone per la squadra di calcio del Campobasso ed ottenne anche l’appalto della fornitura di scarpe ai soldati del locale distretto, i quali così marciarono sicuramente con molte meno sofferenze. Grazie a lui “Fiammifero” divenne un approdo ricercatissimo dai campobassani e, particolarmente nei mesi caldi, c’era l’assalto ai tavoli all’aperto: un’altra felice intuizione del cantiniere. “Funzionava a vino, anche se proprio il vino era escluso dalla licenza. Speciali “le caponate”, le pizze al pomodoro ed il soffritto” (V.Vigliardi – 30 anni sotto il Monforte).
Giovanni Belnudo
(primo a sinistra) foto tratta dal libro di
Venanzio Vigliardi
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Il
fascino di un’epoca resta nelle parole della dedica scritta da Bigi nel 1928 in
occasione della pubblicazione di “Rime Allegre” di Trofa: “C’è Fiammifero che
ci aspetta col vinello un po’ arzente e col suo capo di salsiccia…tavolo
pronto… tu da una parte, io dall’altra… si mangia, si beve, si ride…e si
lavora”.
il castello Monforte con i ruderi della chiesa di Sant'Angelo |
La chiesa trasformata in "cantina" , è ben visibile il tetto dell'edificio |
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