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Il Quotidiano del Molise del 08 aprile 2013 |
di Paolo Giordano
In Santa Maria Maggiore, “l’antica
Santa Maria del Monte situata sulla vetta del colle, si conservano due tele con
la “Sacra Famiglia” e la “Annunciazione” sulle quali, fra gli oranti, si crede
siano raffigurati alcuni membri della famiglia feudale del tempo”. A questa
descrizione di Giambattista Masciotta fa eco Vincenzo Eduardo Gasdia scrivendo
che “nella chiesa di Santa Maria Maggiore si conservava una sacra conversazione
con Vergine e putto tra sante. A’ piedi emerge dalla tela in atto di rivolgersi
all’osservatore la testa ed il collo d’un don Rodrigo (in vesti di velluto) dal
colletto di merletto bianco: dicono che sia il ritratto del conte Cola che per
sua devozione fece dipingere il quadro per la cappella del castello, e dicono
pure che le donne della tela riproducono le sembianze di persone della famiglia
comitale: cinque almeno!”
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Cartolina del Trombetta |
Il Campobasso,
com’egli era chiamato dalle genti oltramontane, avrebbe avuto un viso poco
rassicurante. Nessun afflato mistico e, con occhio scrutatore, guardava il
pubblico invece dei santi. Dimostrava poco più di 30 anni, mustacchi e pizzetto
tendenti al nero, labbra carnose, espressione arcigna e volitiva, fisico
asciutto ed incarnato abbronzato: un vero guerriero.
Apparentemente dissimile
la figura tramandataci dal Trombetta. In una nota cartolina datata 23/04/903
appare il profilo di un giovane in armi, con lunghi capelli cadenti sulle
spalle. Il suo un volto bello, fiero ed indomito ma di “maniera”, che ricorda
gli stereotipi del mondo classico, rispondendo ai gusti estetici del tempo.
Di
questo disegno, stranamente, non si trova riproduzione
né nel lavoro del Gasdia, né in quello del Croce (autorevole studioso e
conoscitore del Monforte-Gambatesa). E’ probabile che entrambi abbiamo ritenuto
di pura fantasia tale opera e, quindi, storicamente poco attendibile.
E’ grazie ad un altro
appassionato cultore della materia, che si è pervenuti ad un’interessante
“scoperta”.
Nella biblioteca personale di Giovanni Fanelli, titolare di
“Scripta Manent” (ovvero il chiosco dei libri in piazza Pepe a Campobasso) è
stato possibile consultare un estratto della “Biografia degli uomini illustri del regno di Napoli,
ornata de loro rispettivi ritratti”, compilata da diversi letterati ed edita (dal 1822) da Nicola Gervasi,
“mercante di stampe”. Carmine Modestino da Paterno è autore della scheda sul
conte “Niccola II di Campobasso”. Ad arricchire i volumi le incisioni
raffiguranti i vari personaggi, realizzate da Carlo Biondi, artista italiano
attivo nella Napoli del XIX secolo.
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Incisione ottocentesca di Carlo Biondi
(archivio Fanelli) |
Cola di Monforte appare proprio così come
lo ha immortalato il Trombetta. Stessa anche la didascalia: VII ed ultimo Conte
di Campobasso.
Il Biondi, però, grazie anche alla differente tecnica, riesce forse
a tramandarci meglio i tratti somatici
di un autentico condottiero, rude quanto occorre, conoscitore del mondo e
dell’arte della guerra. Virile nell’accezione più nobile del termine, cioè uomo
valoroso e forte, portatore di principi antichi.
Quale fu la fonte d’ispirazione?
La risposta potrebbe fornircela il ritrovamento di quel dipinto che il Gasdia
vide agli inizi del 1900 e che già all’epoca era in deperimento. Esso sarà
sicuramente andato perso o distrutto.
Pare che l’arciprete Tarantino non
l’abbia portato in Cattedrale, insieme agli altri arredi, durante il trasferimento
dalla chiesa dei Monti, abbandonandolo al suo infausto destino.
Ma, poiché
“spes ultima dea”, ci auguriamo che in qualche deposito o sacrestia ci sia
ancora quella “sacra conversazione” di cui, come sostiene l’autore di “Storia
di Campobasso”, sarebbe determinante stabilire la data di realizzazione. Traendo
“conforto da quella, potremmo veramente
dire di possedere il ritratto, quanto alla testa, dell’infelice capitano del
Molise, conte di Campobasso e sire di Commercy.”