Il Quotidiano del Molise del 30 agosto 2013 |
di Paolo Giordano
L’edificio dell’Istituto
Tecnico Economico “Leopoldo Pilla” in via Vittorio Veneto ha ospitato in
passato sia il Museo Provinciale Sannitico che la Biblioteca Albino. Le due
storiche Istituzioni, fiori all’occhiello della Città, sono state poi opportunamente
trasferite in sedi più consone. Il Museo dal 1995 è nel Palazzo Mazzarotta in
via Chiarizia.
Nell’androne del
“Ragioneria”, però, è rimasta un’epigrafe funeraria romana costituita da una
grossa lastra calcarea rettangolare con un timpano sagomato. Quest’ultimo, con
al centro una rosetta a quattro petali, è arricchito da acroteri angolari a
palmetta. L’iscrizione incisavi è poco leggibile perché scalpellata (damnatio memoriae
o semplice riutilizzo), ma è comunque stata ampiamente documentata nella
bibliografia storica locale ed in molti testi archeologici. Qualche attivista
politico vi ha lasciato una traccia del fermento ideologico che scosse gli anni
di piombo.
Lo studioso Stefano
Vannozzi, originario di Cercemaggiore e residente a Roma, nel suo blog “Longaest vita, si plena est”, richiama l’attenzione dei lettori su questo manufatto
lanciando un appello il cui senso è: qualcuno è in grado di spiegare perché mai
quel reperto sia ancora lì? Appartenendo esso alla collezione epigrafica del
Museo Sannitico avrebbe dovuto seguirne le sorti!
Il suo rinvenimento,
alla fine del XVII secolo nei pressi della chiesa di San Giacomo a Ferrazzano,
attesterebbe l’ulteriore presenza di una “domus Neratiorum” in questa zona (dopo
la nota villa di San Giuliano del Sannio) testimoniando l’influenza
dell’importante e potente gens Neratia sull’entroterra dell’antico municipio
sepinate.
Il testo, pubblicato nel
volume IX del Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL) con il numero 2484, è il
seguente: A Constantius, fattore dei Neratii, a Potentius dispensiere dei
Neratii, Pothus e Lathmus, al padre e al fratello (posero).
Una nostra, pur se
minima, indagine (neanche nei cataloghi più recenti ve n’è menzione) non ha
portato a nessun risultato concreto che ci permettesse di rispondere al
Vannozzi. Quindi, anche per sensibilizzare l’attenzione degli appassionati,
dobbiamo necessariamente associarci alla sua riflessione: la collocazione
dell’iscrizione C.I.L. IX, 2484, è da ritenersi fuori contesto e di conseguenza
l’epigrafe sembrerebbe esser stata letteralmente “dimenticata”.
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