Pensieri



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lunedì 25 maggio 2015

Il Labirinto "caerdroia" di Petrella Tifernina - Mario Ziccardi

Il Labirinto di Petrella Tifernina


di Mario Ziccardi


     Il labirinto è un simbolo molto antico e universale lo ritroviamo tra le incisioni egizie, a quelle peruviane, da Cnosso alla Valcamonica, da Chartre a Lucca per citarne alcuni. Gli innumerevoli significati sono attribuiti all’ambiente e all’epoca in cui sono stati realizzati se, come abbiamo visto, i periodi storici sono diversi i contesti sono quasi sempre sacri.
    La rigenerazione potrebbe essere il filo di Arianna che consente di percepire l’importanza di questa figura. Nel medioevo, in ambienti sacri, la simbologia era fondamentale per la conoscenza da parte di illetterati dei fondamenti della dottrina cristiana.
     In questo campionario di simboli medievali il labirinto poteva significare il viaggio del pellegrino verso Gerusalemme: il fedele, percorrendo in ginocchio questo tipo di percorsi pavimentali realizzati in diversi e particolari edifici sacri, compie un vero e proprio pellegrinaggio di purificazione.
     Il labirinto, inoltre, ha un solo percorso che potrebbe simboleggiare la vita del cristiano il quale, seguendo l’unica Via, compie il suo percorso e giunge alla salvezza dell’anima.
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San Giorgio -Petrella Tifernina
(fonte internet)
    Petrella  Tifernina  è  un  centro  abitato  della  provincia  di  Campobasso,  dista  dal  capoluogo  di regione circa 20 chilometri  in direzione nord; il paese è situato nella media valle del fiume Biferno a destra del corso d’acqua a circa 650 metri sul livello del mare.
   Il territorio di Petrella è attraversato da una fitta rete di percorsi viari che hanno reso questo centro uno snodo di un certo rilievo, inoltre, non è lontano dai percorsi tratturali principali quali il LuceraCasteldisangro, il CelanoFoggia.
   Il monumento principale di Petrella Tifernina è la chiesa di San Giorgio: fu edificata tra la fine del XII secolo e gli inizi del XIII secolo probabilmente su precedenti preesistenze ed è un pregevole esempio di architettura romanica che trova nell’edificio particolari e inedite caratteristiche che contraddistinguono la sua unicità in un contesto rurale come storicamente appariva quello molisano.

   L’edificio cultuale ha pianta parallelepipeda con tre navate absidate, il presbiterio rialzato come la sagrestia  voltata  a  crociera    accessibile  dall’abside  della  navata  di  sinistra. Le particolarità all’interno della chiesa sono molteplici: la particolare forma della planimetria è inusuale nelle chiese in stile romanico, le arcate delle navate laterali sono sfalsate; il particolare fonte battesimale; i capitelli, ognuno diverso dall’altro, sono scolpiti con figure e temi riconducibili al repertorio mitico e pagano la cui presenza in un contesto sacro rende la simbologia e la trama oscure e di difficile interpretazione.
Graffito rappresentante il "caerdroia"
di Petrella (foto M. Ziccardi)
   Tra i tanti simboli riconoscibili all’interno dell’edificio sacro, il labirinto è quello che è passato più inosservato: è inciso sulla prima colonna  a  sinistra  ad una quota di circa un metro e mezzo dal pavimento, ha dimensioni di circa quarantaquattro centimetri di larghezza e trentacinque centimetri di altezza.
   Il labirinto in oggetto è del tipo “caerdroia”, unicursale a mano sinistra; ha undici corridoi nella parte superiore dal centro. La particolarità più interessante è la parte  inferiore rettilinea caratteristica propria di questa tipologia di labirinto.
  La datazione precisa è impossibile sui graffiti: un terminus post quem è sicuramente la costruzione della chiesa, non ci sono, per ora, indizi che potrebbero far credere che la colonna sia di reimpiego.
 Se prendiamo per sicura la realizzazione dopo l’edificazione della chiesa, molto probabilmente l’incisione fu realizzata in accordo con l’autorità ecclesiastica coeva, l’impianto è coerente con il blocco litico su cui è stata realizzata ponendo in essere un progetto studiato e voluto.

   La posizione, inoltre, è accessibile e visibile a chi entra dall'ingresso principale verso la navata di sinistra ed è inverosimile che qualcuno, di nascosto, abbia inciso indisturbato il graffito.


sitografia


lunedì 11 maggio 2015

"LA VOCE DI MERCURIO" ottobre-dicembre 2014 - seconda parte

da Toro Web

Seconda parte del bollettino trimestrale de "La Voce di Mercurio", l'ultimo numero del 2014, distribuito in cartaceo nel mese di Aprile 2015. Sapendo di fare cosa attesa e assai gradita, continuiamo a riprodurlo online, diviso in tre puntate per meglio permetterne la fruizione.

Sono riprodotte in questa seconda puntata le pagine 11-21 con la rubrica ReporToro, una riflessione sulla nevicata del 30 dicembre 2014, e gli articoli di Maria Grazia Cofelice (Il sacrificio dell'animale da reddito); Fabrizio Nocera (La lettura dei libri in Italia e in Molise); Antonio Salvatore (1814-2014 Nei secoli fedele); Associazione culturale "Amici del Morrutto di San Giovanni in Galdo; Paolo Giordano (Un'importante e apprezzata mostra sui bersaglieri)




CAMPOBASSO: Celebrazioni 150° anniversario suor Brigida Postorino



Le Suore Immacolatine, legate a filo doppio con Toro, festeggiano i 150 anni dalla nascita della fondatrice, Suor Brigida Postorino. Lo fanno con un convegno che si terrà il 9 e 10 maggio a Campobasso, Con la partecipazione della madre Generale, suor Scolastica Sestito, e con la postulatrice, suor Loretana Grosso di Toro, già madre Generale dal 1995 al 2013




"LA VOCE DI MERCURIO" ottobre-novembre 2014 - parte prima


da TORO WEB


Il bollettino trimestrale de "La Voce di Mercurio", l'ultimo numero del 2014, è stato distribuito in cartaceo in questi giorni. Sapendo di fare cosa attesa e assai gradita, cominciamo a riprodurlo online, diviso in tre puntate per meglio permetterne la fruizione.

Sono riprodotte in questa prima puntata le prime dieci pagine. Accolgono foto di laurea, la rubrica pasticciera di Incoronata Tromba, e Il Cristo si è fermato a Campodipietra... per non vedere Toro (Redazione), un resoconto (sempre a cura della Redazione), dei problemi della Fisiomedica Loretana connessi ai mancati finanziamenti dalla Regione Molise, un contributo di Armando Spina su "Degrado e rassegnazione nel rapporto civile delle nostre comunità" e un articolo di Giovanni Mascia sull'esperienza in Argentina di Antonio Di Gironimo, con una nota araldica sulla famiglia di Gironimo...





CAMPOBASSO Mostra Fotografica "Dipingere con la Luce" (21 maggio - 7 giugno 2015)




CAMPOBASSO. Il 21 maggio dalle ore 17.00 nell’atrio del Palazzo Magno, via Roma 47, verrà inaugurata la mostra fotografica “Dipingere con la luce”, a cura del critico d’arte Tommaso Evangelista e del fotografo Luigi Grassi (conferenza stampa ore 10). L’evento nasce da un percorso didattico legato al mondo della cultura delle immagini tenuto dallo stesso Luigi Grassi. Gli allievi, Chiara Brunetti, Carmine Cefaratti, Rossana Centracchio, Cristiano Civerra, Carmen Giancola e Lello Muzio, hanno avuto modo non solo di conoscere e sperimentare le proprietà dei materiali sensibili alla luce e di approcciarsi allo sviluppo fotografico, ma soprattutto di scoprire i molteplici lineamenti e cromie del linguaggio fotografico. Ognuno degli allievi ha fatto della propria esperienza in camera oscura un percorso interpretativo della forma degli oggetti che si rivelano nelle opere in eterogenee tonalità. La creatività e la fantasia sono gli unici comuni denominatori di queste opere, che verranno esposte dal 21 maggio sino al 7 giugno, orari per le visite: dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 19.00

Cellula, ombre e luci_Carmine Cefaratti

Orizzonti_Carmen Giancola

UN LABORATORIO NECESSARIO
di Luigi Grassi

Un laboratorio in cui abbandonare la macchina fotografica e lavorare direttamente sulla carta fotosensibile con la luce. Lavorare con le forme astratte, geometriche, primarie significa entrare in contatto con la propria soggettività. A volte lo strumento fotografico, per il principiante assoluto, può inibire o bloccare l’acquisizione di un personale linguaggio fotografico e assopire le capacità critiche rispetto al mondo delle immagini e a quelle che si vanno producendo. Credo fortemente che la camera oscura e un percorso di fotografia sperimentale siano una disciplina efficace per acquisire una consapevolezza superiore o semplicemente diversa riguardo alle idee della fotografia e ai progetti che si vogliono sviluppare attraverso questa materia. In questo primo esperimento didattico gli studenti hanno avuto la possibilità di entrare in contatto con il mondo della fotografia attraverso la manipolazione diretta dei materiali fotografici, hanno compreso i rudimenti che sono alla base dell’uso della macchina fotografica e hanno applicato una metodologia progettuale legata alle immagini da realizzare. Sono felice e orgoglioso di poter presentare in questa occasione i risultati del corso di fotografia “Dipingere con la luce”.

Genesi_Lello Muzio

Primavera di Fiori Chimici_Chiara Brunetti

IMMAGINI PER PASSAGGI
di Rossana Centracchio

“Dipingere con la luce”: una definizione semplice ed essenziale, ma che racchiude in sé le molteplici interpretazioni dell’arte fotografica. Dipingere non è altro che rappresentare, con intenzione, un oggetto reale o immaginario su una qualsiasi superficie per mezzo di colori. Noi, al posto dei colori, abbiamo utilizzato la luce, giocando con essa fino a creare contorni e ombre sulla carta che hanno dato vita a forme e a immagini, a “organismi viventi”. Non si tratta però di mostrare la mera struttura interna degli oggetti, ma di ricercare una natura “altra”, non sempre governabile dalla nostra razionalità. Ed è questo l’aspetto più interessante del nostro laboratorio: la scoperta inattesa, l’improvvisa rivelazione di immagini e figure. Sia l’intenzione, ovvero l’atto, con cui tendiamo verso un oggetto, sia l’immagine o forma dell’oggetto da noi conosciuto non corrispondono così all’idea inizialmente elaborata. Il laboratorio è anche ricerca essenziale dei costituenti fondamentali di un oggetto e della loro interazione.In questo modo la fotografia diventa strumento di indagine dei materiali e sui materiali, in grado di allontanarci dalle presunte analogie con l’esperienza quotidiana. Impressionare sulla carta, dunque, la materialità per considerare le modalità di creazione, ma anche di alterazione, del significato di una immagine. Ed è qui che entra in gioco il ruolo fondamentale del tempo, il quale diventa la rappresentazione concreta dei singoli momenti che costituiscono il processo di elaborazione dell’immagine fotografica. “Dipingere con la luce” non è altro che una esperienza spontanea e ricca di entusiasmo di fronte al tentativo di conoscere ciò che si pone al di là della nostra visione fotografica.

Taenia_Cristiano Civerra

Trame di Storie Brevi_Rossana Centracchio

IMPRESSIONI PER CONTATTO
di Tommaso Evangelista

Edouard Isidore Buguet, fotografo francese dell’Ottocento appartenente al movimento spiritualista, era famoso a Montmartre per la sua abilità nel far apparire in una fotografia lo spettro o il fantasma della persona cara al cliente che si recava da lui per una sorta di ritratto post-mortem. Arrestato nel 1875, la polizia scoprì che introduceva nella macchina fotografica delle lastre già impressionate con forme, figure e scritte che dovevano apparire sulla fotografia finale. Il fotografo però si poneva come medium cercando di evocare l’immagine. In fondo dipingeva con la luce, o meglio la richiamava nei filtri, dato che i suoi scatti, oggi, ci appaiono delle singolari invenzioni surrealiste, prive di quel fascino macabro che aveva colpito ingenuamente i parigini. La fotografia è un medium, anch’essa, oscuro ed enigmatico, tanto più ermetico e suggestivo quanto più torna indietro alle tecniche e ai processi antichi di stampa, nelle quali il gioco individuale sulla matericità delle forme si confonde con la tensione della scoperta. Ma la distanza con queste ricerche sta nella luce che crea contorni e distrugge le forme. Se le cronofotografie di Muybridge rivelavano chiaramente, come disse Degas, gli errori in cui sono incorsi tutti gli scultori e i pittori mostrando, all’occhio umano che confonde, l’autenticità del movimento, l’impressione della luce per ottenere l’impronta chimica di una immagine va esattamente nella ricerca opposta che individua nella rappresentazione personale e manuale l’interazione con il soggetto. Si fotografa non per oggettivare ma per vedere che aspetto avrà l’oggetto fotografato come se la realtà della lastra fosse altra dalla realtà fenomenica. La luce è, in fondo, un oggetto malinconico che smaterializza il corpo trasfigurando la visione che diventa, veramente, processo di evocazione “spiritica” delle forme. Forse l’attività “esoterica” di Buguet ci comunica molto più dell’impressione fotosensibile delle idee che della possibilità di evocare, in foto, i morti. Una lastra, del resto, rimane pur sempre il tentativo di impossessarsi dell’anima delle cose.

informazioni: cfcvivianmaier@gmail.com