La
morte di Monsignor Secondo Bologna
di Paolo Giordano
"Signore, se per la salvezza
di Campobasso occorre una vittima, prendi me ma salva il mio popolo".
Queste
furono le parole pronunciate da monsignor Secondo Bologna, Vescovo della
Diocesi di Bojano-Campobasso, nell'omelia del 10 ottobre 1943. La città
capoluogo viveva ore cruciali: i tedeschi in ritirata, dopo aver inferto danni ai
siti nevralgici, avevano minato le principali vie di comunicazione con il fermo
intento di farle esplodere, per ostacolare l'avanzata avversaria.
L'alto
prelato, nella stessa giornata del 10 aveva tentato, inutilmente, di indurre a
più miti consigli gli alti comandi germanici. Irremovibile si era rivelata la
posizione dello stato maggiore tedesco: "Ciò
che deve bruciare brucerà, ciò che deve saltare in aria salterà, ciò che deve essere
distrutto sarà distrutto, altrimenti si avvantaggerebbero i nostri nemici... è
la guerra!".
Monsignor
Bologna, uomo di grande Fede e profondo misticismo, comprese che non rimaneva
altro da fare se non "pregare Iddio".
da "Pace si scrive senza H" (A. D'Ambrosio) |
Nella serata di quel fatidico giorno, alle ore 21, riiniziò il bombardamento di Campobasso. Il Vescovo si era ritirato nella Cappella del Seminario per recitare il Santo Rosario e lì fu colpito dalle schegge di un'esplosione, a seguito della quale era crollata parte del tetto: anche una trave e dei calcinacci travolsero il Vescovo che spirò, pochi minuti più tardi, nella Caserma dei Regi Carabinieri ubicata di fronte al Seminario. Nella circostanza morì anche suor Lucia Brunelli, delle piccole discepole di Gesù.
Per
dovere di cronaca va ricordato che la Cappella, luogo che avrebbe meritato
forse maggior devozione, oggi non esiste più essendo stata demolita, decenni
orsono, nei lavori di ammodernamento per la realizzazione della sala conferenze
Celestino V.
A
questo punto meritano testuale citazione le memorie del canonico Michele
Ruccia, già assistente del predecessore di monsignor Bologna, sue eccellenza
Alberto Romita. Il suo racconto è riportato nell'imprescindibile testo di
Nicola Felice "Quando Campobasso divenne Canada Town", pietra miliare
per lo studio della Storia Cittadina.
I funerali di mons. Bologna (foto Trombetta) |
Ineccepibili
le parole del sacerdote Ruccia che però non aiutano a risolvere il dilemma.
Ma
oggi questo "cold case" ha una sua possibile soluzione. Finalmente
potrebbe essere archiviato come "risolto" uno di quegli "omicidi
rimasti a lungo senza un senza colpevole". Uno di quei delitti irrisolti ("casi
freddi"), fatti di cronaca piuttosto noti, autentici misteri a cui si sono
appassionati in tanti, avendone parlato a lungo i media.
Ripercorriamo
i passaggi salienti, con l'ausilio del vasto campionario iconografico proveniente
da oltreoceano.
Nella
prima decade dell'ottobre 1943 la linea del fronte si avvicinava sempre più a
Campobasso. Per favorire l'avanzata delle truppe canadesi a monte Gildone era
stata posizionata l'artiglieria a supporto dei fanti. I tiri calcolati alla
massima gittata investirono la città dalle 21 del giorno 10, prediligendo, tra
gli obiettivi, la stazione e la caserma dei carabinieri. A questo
cannoneggiamento serale nessuno "rispose", come si desume leggendo le
memorie del generale J.C. Murchie.
Da
un lato i tedeschi poco propensi a sprecare materiale bellico, in una
controffensiva dal dubbio risultato, non riuscendo con il calar delle tenebre a
centrare alcun bersaglio.
Dall'altro
gli artiglieri del 1° Air Landing Light Infantry in appoggio, con i propri
cannoni da 75 millimetri, alla Prima Divisione Canadese prossima ad occupare
Campobasso. Questi riversarono sulla città quanto più "fuoco possibile",
secondo una tradizione tristemente consolidata nella tecnica militare degli
anglo-americani (più dei secondi), caratterizzata dall'uso "indiscriminato
dei bombardamenti".
1° Air Landing Light Infantry a Gildone |
Ma
quali erano le caratteristiche delle bocche da fuoco adoperate dal "first
Airlanding"?
L'obice
M1 Pack Howitzer (entrato "in servizio" nel 1927) è stato uno dei
primi, e migliori, esempi di artiglieria per l'appoggio della fanteria. La
gittata massima era di quasi 9 chilometri, quindi abbondantemente nel campo d'azione
posto tra Monte Gildone e Campobasso. Non è da trascurare, inoltre, l'entità
dei danni che un proiettile da 75 mm è in grado di provocare.
Esistono,
tra l'atro, delle prove visive che "inchiodano mister
Pack Howitzer":
una foto fonte internet, scovata da Nicola Felice, con le operazioni da Gildone
nell'ottobre 1943 ed un dipinto di Will Ogilvie (1901-1989), conservato nel "Canadian
Museum di Ottawa", che, incontrovertibilmente, provano la presenza in loco
dell'obice. In quest'ultimo acquerello sono stati riprodotti anche dei carri
armati Sherman M4, uno dei quali potrebbe essere quello "danneggiato negli scontri alla periferia sud della città,
depositato nei pressi del campo sportivo comunale, venne utilizzato dai bambini
quale curiosità e gioco" (N. Felice - Quando Campobasso divenne Canada
Town).
il dipinto di Will Ogilvie |
bimbi giocano sullo Sherman (foto A.P.S.) |
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