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martedì 9 ottobre 2018

10 ottobre 1943: La morte di Monsignor Secondo Bologna a Campobasso. "A cold case" finalmente risolto

La morte di Monsignor Secondo Bologna
Un "cold case" finalmente risolto
Il Quotidiano del Molise del 07 ottobre 2018

di Paolo Giordano

"Signore, se per la salvezza di Campobasso occorre una vittima, prendi me ma salva il mio popolo".
Queste furono le parole pronunciate da monsignor Secondo Bologna, Vescovo della Diocesi di Bojano-Campobasso, nell'omelia del 10 ottobre 1943. La città capoluogo viveva ore cruciali: i tedeschi in ritirata, dopo aver inferto danni ai siti nevralgici, avevano minato le principali vie di comunicazione con il fermo intento di farle esplodere, per ostacolare l'avanzata avversaria.
L'alto prelato, nella stessa giornata del 10 aveva tentato, inutilmente, di indurre a più miti consigli gli alti comandi germanici. Irremovibile si era rivelata la posizione dello stato maggiore tedesco: "Ciò che deve bruciare brucerà, ciò che deve saltare in aria salterà, ciò che deve essere distrutto sarà distrutto, altrimenti si avvantaggerebbero i nostri nemici... è la guerra!".
Monsignor Bologna, uomo di grande Fede e profondo misticismo, comprese che non rimaneva altro da fare se non "pregare Iddio".
da "Pace si scrive senza H" (A. D'Ambrosio)

Nella serata di quel fatidico giorno, alle ore 21, riiniziò il bombardamento di Campobasso. Il Vescovo si era ritirato  nella Cappella del Seminario per recitare il Santo Rosario e lì fu colpito dalle schegge di un'esplosione, a seguito della quale era crollata parte del tetto: anche una trave e dei calcinacci travolsero il Vescovo che spirò, pochi minuti più tardi, nella Caserma dei Regi Carabinieri ubicata di fronte al Seminario. Nella circostanza morì anche suor Lucia Brunelli, delle piccole discepole di Gesù.

Per dovere di cronaca va ricordato che la Cappella, luogo che avrebbe meritato forse maggior devozione, oggi non esiste più essendo stata demolita, decenni orsono, nei lavori di ammodernamento per la realizzazione della sala conferenze Celestino V.
A questo punto meritano testuale citazione le memorie del canonico Michele Ruccia, già assistente del predecessore di monsignor Bologna, sue eccellenza Alberto Romita. Il suo racconto è riportato nell'imprescindibile testo di Nicola Felice "Quando Campobasso divenne Canada Town", pietra miliare per lo studio della Storia Cittadina.
I funerali di mons. Bologna (foto Trombetta)
"I suoi funerali furono di guerra. Kesserling arrivò la mattina dopo a rendere omaggio alla salma e a garantire che al momento in cui il vescovo fu colpito i cannoni tedeschi non avevano sparato... Chi uccise allora il Vescovo? I tedeschi o gli alleati? Domanda oziosa ed inutile. Iddio lo aveva preso con sé, vittima di espiazione perché Campobasso fosse salva".
Ineccepibili le parole del sacerdote Ruccia che però non aiutano a risolvere il dilemma.
Ma oggi questo "cold case" ha una sua possibile soluzione. Finalmente potrebbe essere archiviato come "risolto" uno di quegli "omicidi rimasti a lungo senza un senza colpevole". Uno di quei delitti irrisolti ("casi freddi"), fatti di cronaca piuttosto noti, autentici misteri a cui si sono appassionati in tanti, avendone parlato a lungo i media.
Ripercorriamo i passaggi salienti, con l'ausilio del vasto campionario iconografico proveniente da oltreoceano.
Nella prima decade dell'ottobre 1943 la linea del fronte si avvicinava sempre più a Campobasso. Per favorire l'avanzata delle truppe canadesi a monte Gildone era stata posizionata l'artiglieria a supporto dei fanti. I tiri calcolati alla massima gittata investirono la città dalle 21 del giorno 10, prediligendo, tra gli obiettivi, la stazione e la caserma dei carabinieri. A questo cannoneggiamento serale nessuno "rispose", come si desume leggendo le memorie del generale J.C. Murchie.
Da un lato i tedeschi poco propensi a sprecare materiale bellico, in una controffensiva dal dubbio risultato, non riuscendo con il calar delle tenebre a centrare alcun bersaglio.
Dall'altro gli artiglieri del 1° Air Landing Light Infantry in appoggio, con i propri cannoni da 75 millimetri, alla Prima Divisione Canadese prossima ad occupare Campobasso. Questi riversarono sulla città quanto più "fuoco possibile", secondo una tradizione tristemente consolidata nella tecnica militare degli anglo-americani (più dei secondi), caratterizzata dall'uso "indiscriminato dei bombardamenti".
1° Air Landing Light Infantry a Gildone
Ma quali erano le caratteristiche delle bocche da fuoco adoperate dal "first Airlanding"?
L'obice M1 Pack Howitzer (entrato "in servizio" nel 1927) è stato uno dei primi, e migliori, esempi di artiglieria per l'appoggio della fanteria. La gittata massima era di quasi 9 chilometri, quindi abbondantemente nel campo d'azione posto tra Monte Gildone e Campobasso. Non è da trascurare, inoltre, l'entità dei danni che un proiettile da 75 mm è in grado di provocare.
Esistono, tra l'atro, delle prove visive che "inchiodano mister
il dipinto di Will Ogilvie
Pack Howitzer": una foto fonte internet, scovata da Nicola Felice, con le operazioni da Gildone nell'ottobre 1943 ed un dipinto di Will Ogilvie (1901-1989), conservato nel "Canadian Museum di Ottawa", che, incontrovertibilmente, provano la presenza in loco dell'obice. In quest'ultimo acquerello sono stati riprodotti anche dei carri armati Sherman M4, uno dei quali potrebbe essere quello "danneggiato negli scontri alla periferia sud della città, depositato nei pressi del campo sportivo comunale, venne utilizzato dai bambini quale curiosità e gioco" (N. Felice - Quando Campobasso divenne Canada Town).

bimbi  giocano sullo Sherman (foto A.P.S.)
Fermo restando il tentativo di sdrammatizzare uno dei più tragici momenti della storia recente, ancora una volta deve essere evidenziato come appaia necessario procedere all'acquisizione, a vantaggio delpatrimonio cittadino, di tutte le immagini, gli scritti, le informazioni e le testimonianze di vario genere (ovunque rinvenibili) riguardanti gli eventi legati all'ultimo conflitto mondiale.
In tal modo si sprovincializzerebbero, in via definitiva, le vicende locali, facendole finalmente entrare di diritto nella storia con la "S" maiuscola, da cui sono ancora ingiustamente escluse.

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