Il Quotidiano del Molise dl 23 luglio 2018 |
di
Paolo Giordano
Prenderà le mosse
dalla chiesa di San Bartolomeo, con una conferenza il 20 luglio, “il Museo
Itinerante Estivo” per conoscere, a partire dal 22 luglio, le opere ed i luoghi in cui visse Paolo Saverio Di Zinno, nel
trecentesimo della sua nascita.
La chiesa di San Bartolomeo Apostolo a Campobasso |
Nell’artistica
struttura romanica è conservata l’Immacolata Concezione, cronologicamente la
prima statua censita di Paolo Saverio, non antecedente al 1740, che sarebbe
stata donata dall’autore stesso alla chiesa in cui era stato battezzato. Come scrive
anche il prof. don Michele Volpe. nell’Annuario del R. Liceo Ginnasio “M.
Pagano” del 1924/1925, sarebbe “la prima opera
giovanile dello scultore campobassano, anzi (se è vera la tradizione) la prima
da lui eseguita”. Per anni conservata nei depositi della Sovrintendenza è
tornata laddove era stata esposta alla venerazione dei fedeli, per almeno due
secoli, solo nel 2011, quando, grazie all’impegno dell’avvocato Alberto
Pistilli Sipio, la chiesa di San Bartolomeo è stata “restituita alla vita”, e
quindi al culto. Essa, con molte altre opere appartenenti all’arredo dell’antica
chiesa, è stata ivi ricollocata per interessamento dell’allora soprintendente
Daniele Ferrara.
L'Immacolata concezione di Paolo Saverio di Zinno |
Accurato quanto
impegnativo è stato il suo restauro. L’umidità della nicchia ricavata nelle vetuste
mura, in cui era stata a lungo collocata, ed i danni causati dai tarli, l’avevano
seriamente compromessa. Per poter riportare il capolavoro ad uno stato quanto
più vicino possibile a quello originario, nell’impossibilità di conservare
integralmente uno dei diversi livelli intermedi di colore, si optò per il
recupero -pur se lacunoso- della policromia originale. Il Consorzio C.T.R. di
Roma, artefice nel 1992 del restauro, effettuò anche una velatura delle lacune
pittoriche e delle abrasioni, con un conseguente trattamento di equilibratura
cromatica delle parti lignee a vista.
Come tramandato
dalle fonti, Paolo Saverio Di Zinno si formò nella bottega di Franzese in
Napoli. Successivamente tornò in forma più stabile nella sua città natale. Ciò
avvenne in un momento sociale e politico particolare: il potenziamento dei
commerci basati su allevamento e transumanza si erano rivelati propedeutici per
una fase di sviluppo economico che incoraggiava e favoriva anche la produzione
artistica. Tra l’altro, nel 1742, a Campobasso si era concluso l’iter per il riscatto
della città al demanio, con conseguente affrancamento dal feudatario ed
affermazione di gruppi sociali emergenti. Proprio in tale contesto, tra il 1740
ed il 1742, fu consegnata al clero di San Bartolomeo l’Immacolata Concezione.
Prima del restauro |
Pur se erano ancora
lontani sia la proclamazione del dogma dell’immacolato concepimento di Maria (Pio
IX con la bolla “Ineffabilis Deus”, 8/12/1854) che le apparizioni di Lourdes (1858),
in cui la Vergine dichiarò di essere “l’Immacolata Concezione”, la pittura,
quanto la riflessione teologica, si erano già soffermate, nel corso dei secoli,
a meditare su tale tema. “I Padri della
Chiesa avevano accostato Eva e Maria per sottolineare che la Vergine era stata
concepita senza il peccato, e con il passare del tempo l’assunto Semper Virgo.
Dei Genitrix. Inmaculata era stato abbracciato da un numero sempre crescente di
fedeli e difeso dai pontefici... Il tema pittorico (nonché scultoreo, ndr) dell’Immacolata trova nascita nell’Italia
meridionale e particolare diffusione in Spagna. Si definisce dal punto di vista
iconografico intorno alla fine del Quattrocento, e tra la fine del Cinquecento
e gli inizi del Seicento gode di grande popolarità in Italia e, in modo
speciale, in Spagna.” (R. Papa, L’Immacolata Concezione alcuni elementi di
iconologia, Zenit on line 2013). Fino alle apparizioni di Lourdes, quando andò
diffondendosi una nuova interpretazione iconografica strettamente legata a quei
fatti, le
immagini dell’Immacolata dovevano tradurre la Visione dell’Apocalisse. Andava prevalentemente raffigurata “una bellissima bambina, nel fiore della sua età, da dodici a tredici anni, con begli occhi e sguardo grave, naso e bocca perfettissimi e rosate guance. Con tonaca bianca e manto blu, vestita del sole, una corona imperiale sulla testa, sotto i piedi, la luna… più chiara e visibile la mezza luna. Adornasi con serafini e con angeli interi. Il dragone, al quale la Vergine spaccò la testa trionfando dal peccato originale… se potessi lo eliminerei per non disturbare il quadro” (Francisco Pacheco, “Arte de la Pintura”,1638). La Vergine del Di Zinno, come tutte quelle prima di Lourdes (quando i
piedi della Vergine toccheranno il
terreno) sta ritta sulle nuvole da cui forse sbucavano cherubini e/o angeli.
Allo stato attuale sono evidenti solo tracce che testimoniano la presenza della
Luna e del serpente/dragone. Se avesse avuto una corona o un’aureola di stelle
lo si potrebbe dedurre solo con un’osservazione ravvicinata. Ci appare, comunque,
“nel fiore della sua età, bellissima bambina con begli occhi e sguardo grave,
naso e bocca perfettissimi e rosate guance”, ed è stata collocata dall’artista in
uno spazio assolutamente ideale, a metà tra cielo e terra. La sua veste è
celeste, anziché bianca, rispondente al gusto cromatico del tempo in cui fu
realizzata. Il Manto, però, è rigorosamente blu. I colori, quindi, rispondono
al requisito di “donna vestita di sole” come dalla visione della Apocalisse (Ap
12,1).
immagini dell’Immacolata dovevano tradurre la Visione dell’Apocalisse. Andava prevalentemente raffigurata “una bellissima bambina, nel fiore della sua età, da dodici a tredici anni, con begli occhi e sguardo grave, naso e bocca perfettissimi e rosate guance. Con tonaca bianca e manto blu, vestita del sole, una corona imperiale sulla testa, sotto i piedi, la luna… più chiara e visibile la mezza luna. Adornasi con serafini e con angeli interi. Il dragone, al quale la Vergine spaccò la testa trionfando dal peccato originale… se potessi lo eliminerei per non disturbare il quadro” (Francisco Pacheco, “Arte de la Pintura”,1638). La Vergine del Di Zinno, come tutte quelle prima di Lourdes (quando i
dopo il restauro |
Con il restauro è
apparso che la mano sinistra assolveva ad una sua peculiare funzione. Improbabile,
anche se non impossibile, che reggesse qualche specifico oggetto simbolico o
legato ad un particolare culto. Molto più plausibile, invece, è che ad essa
venissero appese corone del Santo Rosario, soprattutto in considerazione dell’importanza
di tale preghiera nella storia del cattolicesimo.
Ben ricca è stata
la produzione artistica di Paolo Saverio Di Zinno, ma da sicuro questa statua,
conservata a San Bartolomeo in Campobasso, evoca particolari suggestioni
affascinando, in modo unico, sia l’addetto ai lavori che il semplice
visitatore.
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