di Paolo Giordano
Nel 1973 con la motivazione “Benemerenza per la Scuola, la Cultura e l’Arte” Peppino Piccolo (1903-1983) veniva insignito di una medaglia d’oro, principalmente per essersi impegnato a diffondere con competenza lo studio della Scenografia nell’Accademia delle Belle Arti di Roma. Ma l’onorificenza ricevuta durante il ministero Malfatti era il naturale riconoscimento della lunga carriera di artista, professore ed accademico.
Eppure a Campobasso, nel 1975 (solo tre anni dopo) a seguito di tarda ed incomprensibile forma di “epurazione”, una mano iconoclasta coprì i suoi affreschi con un ignobile strato di vernice.
Le opere dell’artista di Pozzallo (Ragusa) erano nella casa della Gioventù Italiana del Littorio. Paradossalmente proprio per tutelarli la G.I.L. fu salvata dalla totale distruzione, poiché nel 1992 le ruspe furono fermate per la necessita di salvare quei dipinti.
I 4 grandi affreschi rappresentano:
1) un legionario con alle spalle la Penisola e le sue colonie africane.
2) L’Italia con le sembianze di una dea armata di spada che si staglia sulla pianta della città di Campobasso.
3) I vari livelli della gioventù littoria –dal balilla al miliziano– con un arco di trionfo per fondale e la lupa romana in primo piano.
4) un tributo alla potenza fisica del popolo italiano nelle figure di un pugile, due lottatori ed un trapezista in volo.
Nell’essenzialità con cui l’autore interpretò la fisicità dei personaggi si volle sicuramente cogliere la ruralità del territorio molisano.
La vedova Rosetta Sacco Piccolo diede alle stampe nel 1999 il testo “la mia vita con Peppino Piccolo” e nel vicino Abruzzo nel 1987 –solo 5 anni prima che il Palazzo della G.I.L. venisse raso al suolo– il cinquecentesco castello de L’Aquila ospitò una mostra antologica di Peppino Piccolo, promossa dal soprintendente arch. Renzo Mancini.
Il completamento dei lavori di recupero dello stabile di via Milano dovrebbero restituire alla città i 4 capolavori di arte littoria. Essi rappresentano un’importante parentesi nella produzione del Piccolo, la cui peculiarità fu quella “del pittore da cavalletto”, che prediligeva la definizione dell’immagine attraverso la luce. La sua propensione era verso i paesaggi urbani inondati di sole, le vedute, i soggetti di figura e le nature morte. Per cui, considerando che la maggior parte dei suoi dipinti murali sono andati distrutti con la guerra, questi di Campobasso sono una preziosa rarità di cui il capoluogo regionale è –forse inconsapevole– depositario.
Le immagini degli affreschi sono tratte dal libro
"Campobasso e la sua G.I.L. - uno stile - una storia - un'epoca"
a cura di Nicoletta Pietravalle
Campobasso si distingue ancora per un caso di "censura" dopo le squallide vicende del murales di Blu! Il restauro dell'edificio in questione è quasi concluso allora vedremo se gli affreschi sono ancora lì!
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