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martedì 5 marzo 2013

UGO TIBERIO: il radar una storia italiana, breve biografia del suo geniale inventore.

Il Quotidiano del Molise
del 03 marzo 2013

di Paolo Giordano


Ugo Tiberio
Ugo Tiberio nacque a Campobasso nel 1904 e morì nel 1980 a Livorno, dove si era trasferito nel lontano ’35. 
Ispirato dagli studi di Gugliemo Marconi, il giovane docente dell’Accademia Navale, realizzò il “radiotelemetro”, prototipo del radar che attraverso le onde magnetiche permetteva di localizzare oggetti a distanza. Come già accaduto per lo zio Vincenzo, scopritore della penicillina 34 anni prima di Fleming (ma tutto era rimasto sepolto negli archivi dell’Istituto di Igiene di Napoli), anche Ugo subì la miopia del mondo scientifico italiano. 
Mentre i paesi anglosassoni stanziavano ingenti somme per le ricerche (prima dell’entrata in guerra gli USA proposero al Tiberio un’allettante offerta, che fu “patriotticamente” rifiutata) in Italia le scoperte dell’ingegnere “campobassano” furono vergognosamente snobbate. 
Nel 1940, alla vigilia della guerra, il suo lavoro dovette sopportare la derisione dei grossi “papaveri” del comando militare: “di notte non si spara”… “Se i tedeschi ce l’avessero (e ce l’avevano) ce lo direbbero”. Addirittura l’ammiraglio Jachino, che “la pagherà” in prima persona nelle acque elleniche, dopo una discussione invitò il Tiberio a dedicarsi esclusivamente all’insegnamento.
Furono i rovesci del conflitto (la disfatta di capo Matapan nel 1941) ad aprire gli occhi delle alte gerarchie. Si poteva morire senza nemmeno combattere, solo perché la tecnologia era in grado di aggirare coraggio ed abilità guerriera. 
due installazioni del radiotelemetro EC3
sulla corazzata  Italia nel 1943
Il Comando Supremo delle Forze Armate quindi cercò di recuperare il tempo perduto. Fu la presa d’atto che un opportuno investimento in ricerca (ieri) avrebbe potuto evitare una più che gravosa perdita di vite e mezzi (oggi). Tiberio portò a termine gli studi “sull’apparecchio che vede le navi di notte” e, quasi immediatamente, il Gufo (radio telemetro EC-3) venne installato sulle navi italiane. Purtroppo un’industria elettronica di alta tecnologia non si genera dal nulla, per cui pur possedendo il “prodotto” non sussistevano le possibilità per realizzarne in gran quantità, rispondendo così alle esigenze belliche. 
Nel dopoguerra gli innegabili meriti del Tiberio ricevettero finalmente la dovuta considerazione, per cui si favorì la nascita di una valida scuola per la formazione di ingegneri ed ufficiali. Il Nostro continuò a prodigarsi nell’insegnamento e nella ricerca. Diresse fino al 1973 l’istituto di Elettronica dell’Università di Pisa, realizzando decine di pubblicazioni. La Marina continua a commemorarne l’opera: l’Accademia Navale di Livorno ha istituito una Fondazione che ogni anno conferisce un premio ad un graduato delle Forze di Mare.
Il Molise, invece, annovera il Tiberio nel lungo elenco di quei suoi figli che, pur essendosi distinti oltre gli angusti confini regionali, pagano, senza ragione apparente, lo scotto del biblico “nemo profeta in patria”. Una maledizione che continua a colpire illustri nomi dei più disparati campi della scienza, dell’economia e delle cultura.


Ecco cosa accade a capo Matapan.
(dal Dizionario Enciclopedico Treccani)

le antenne radar EC3
sulla sommità della
corazzata Roma
Matapan è il capo più meridionale del Peloponneso, all’estremità della penisola mediana (pure detta di Matapan), situata tra i golfi di Messenia e di Laconia.
Durante la seconda guerra mondiale, per impedire il continuo passaggio di convogli britannici che trasportavano da Alessandria e dalla Cirenaica truppe e materiali in Grecia, il comando supremo italiano inviò una parte importante della sua flotta, guidata dalla nuova corazzata Vittorio Veneto, al comando dell’ammiraglio Angelo Jachino, presso l’isola di Creta. 
Il 28 marzo 1941, all’altezza del capo Matapan, avvenne lo scontro con le unità inglesi, al comando dall’ammiraglio Cunningham, che si concluse con la sconfitta italiana a causa dell’insufficiente cooperazione aeronavale e dell'impiego del radar da parte inglese. 
La flotta italiana perse gli incrociatori Fiume, Zara, Pola ed i cacciatorpedinieri Alfieri e Carducci.


2 commenti:

  1. Mio padre Giuseppe Fabozzi, giovanissimo laureando in ingegneria, fece parte della squadra di progettazione e sviluppo dell'ing. Tiberio e fu quello che installò il nuovo radar sulla corazzata Roma ormeggiata a Spezia nei primo giorni del settembre 1943. Avendo terminato il lavoro in anticipo gli fu concessa una licenza premio. Sbarcò l'8 settembre e si avviò verso Napoli dove arrivò fortunosamente nei giorni successivi all'affondamento della corazzata. Si salvò per puro caso.
    In sua memoria il figlio Guido.

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    1. la ringrazio per il commento e mi scuso per il ritardo con cui rispondo.
      Questa sua memoria andrebbe adeguatamente salvata, cosa che avrà già provveduto a fare.
      Tra l'altro l'affondamento della Roma è tra quegli argomenti a me cari a cui vorrei dedicare maggiore attenzione.

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