Il Quotidiano del Molise del 28/03/2012 |
di Paolo Giordano
Folchi ai tempi del Futurblocco |
La
straordinaria nevicata di febbraio è oramai lontana. Anche gli ultimi residui
nei campi sono scomparsi e restano solo rare vette imbiancate in lontananza. Si
sono sciolti al sole anche i disagi e le paure per i pericoli legati alla neve
che nell’immaginario collettivo è tornata ad essere candida, soffice e “buona”.
Eppure il 17 marzo di ogni anno si rinnova un dolore indelebile: un’infida
lastra di ghiaccio provocò la caduta che fu causa della morte prematura, a soli
51 anni,
di Giuseppe Folchi, poliedrico genio che ancora tanto poteva donare alla sua
Terra. Egli lasciò orfani i suoi 4 figli ai quali trasmise comunque nel D.N.A.
un’inconfutabile vocazione artistica. Non è possibile “inquadrare” le
peculiarità di Giuseppe Antonio. Egli fu pittore, fotografo, cineasta,
giornalista, incisore, attore e, soprattutto, marito e padre. Casa Folchi in
via Trieste, che fu un autentico cenacolo culturale, da sempre è un’esplosione
di vita, di gioia, di persone indaffarate nelle più svariate attività. Anche
questo modus vivendi è stato ereditato da quell’animo irrequieto, creativo e
sognatore in continua ricerca e sperimentazione. Accoglienza, disponibilità ed
amicizia albergano oggi, come allora, in quella villetta divenuta molto più
triste da quando è scomparsa, quasi novantenne, l’indimenticabile mamma Colomba,
affettuosa ed ospitale donna d’altri tempi.
nebbia mattutina |
A
tentare una sintesi… Folchi nacque pittore. Scoprì questa sua vocazione grazie
ad una tavolozza con pennelli e colori regalatagli da Romeo Musa del cui figlio
era fraterno amico. Oltre ad Arnaldo (Musa) ebbe come complici delle sue
avventure artistiche Edmondo Pasquale, Ennio De Felice ed Antonio Trombetta.
Agli inizi degli anni trenta del ‘900, insieme ai suoi, aderì al Futurblocco,
un circolo di futuristi con cui partecipò alla mostra voluta da Marinetti nel
1933 a Roma. L’amore per la pittura fu una costante del Folchi che riportò nei quadri
le sue passioni, le escursioni in montagna, lo sci, le passeggiate “en plein
air”, affascinando –così– l’osservatore che spesso viene coinvolto in
sensazioni di tristezza attraverso la trasposizione su tela della sua ricca
interiorità. In Molise, in Italia e nel mondo organizzò e partecipò a svariate
esposizioni che ospitarono importanti e famosi artisti locali e nazionali da
Trivisonno a Guttuso.
verso le nuvole |
Se
il Musa fu per lui la Pittura Trombetta fu la Fotografia! Alfredo Trombetta
incoraggiò con convinzione Peppe a cimentarsi in questa disciplina. Anche qui
egli predilesse la Natura inserendo raramente l’essere umano. I paesaggi
fotografati sono un costane omaggio alla sua Regione. Ovviamente non si limitò
a “scattare” poiché allestì in casa un piccolo laboratorio per lo sviluppo
condividendo con i figli quell’affascinante rito. Il Folchi fotografo si
ritrovò senza accorgersene cineasta in un passaggio evolutivo quasi naturale.
Ancora “complici” il Pasquale ed il De Felice, co-fondatori del “Cinegruppo”
del Molise: esperienza sperimentale, preludio di ben altri successivi
traguardi, in cui furono coinvolti oltre a giovani appassionati anche
personalità del calibro di Ugo Tiberio, padre del radiotelemetro (prototipo del
radar), che fu tra i soci onorari. Attraverso il “Cinegruppo”, oltre ad
acquisire sempre maggiori competenze nel settore, ebbe modo di entrare in
contatto con importanti esponenti del Cinema. Iniziò a frequentare Cinecittà
vivendo tra Roma e Campobasso. Nei suoi rientri in Molise portò spesso con sé
degli ospiti tra cui Germi, Ponteconvo e Scola. Fu proprio Pietro Germi,
innamorato della piccola regione, a convincere Ferdinando Baldi affinché
girasse un film in Molise. Per Folchi dopo tantissimi cortometraggi e
documentari di ottima qualità iniziò una nuova sfida. Nel 1951 nell’area
matesina tra Guardiaregia, San Polo Matese e Bojano, con la partecipazione
degli abitanti del posto quali comparse, fu realizzato il primo film
interamente “molisano”.
ciak si gira! |
Giuseppe ne fu sceneggiatore ed assistente alla regia.
“Il prezzo dell’onore” con Maria Frau e Vincenzo Musolino malgrado il successo
segnò, però, l’addio alla cinepresa dell’eclettico artista. I doveri di padre e
marito lo costrinsero a ben altri ritmi, per cui da allora in poi limitò il suo
estro a giornalismo e xilografia, oltre chiaramente alla pittura. Restò
comunque sempre attivo nell’organizzazione di eventi culturali. Ogni volta che
si “pensava” una manifestazione era impossibile non ricorre alla sua esperienza
ed alla sua inventiva.
Nel
marzo 1962 lo uccise una “banale caduta”. Eppure si era rialzato come se nulla
fosse, ma nelle ore successive furono letali le conseguenze del colpo al capo.
La sua Città gli ha, per ora, solo intitolato una strada periferica ed a ben riflettere
è andata meglio che a tanti altri.
Questo
excursus non vuole, e non può, essere un “trattato” su un personaggio tutto da
indagare e studiare. Il desiderio è quello di suscitare curiosità e per
raggiungere tale scopo si confida in un’importante alleata. Lina Wertmuller, che
fu sua amica e collega, è riuscita a coglierne appieno l’immenso spessore umano
e professionale: “Giuseppe non era uno
sgomitatore, era un artista, un poeta, un padre affettuoso, un amico
disinteressato, un pittore che arrivò al cinema dopo varie esperienze che
documentò nei suoi lavori, rendendoli testimonianze del suo tempo e della sua
anima.”
Lina Wertmuller |
paesaggio |
visione autunnale |
gioco di neve a villa dei Cannoni (Campobasso) |
I miei più sinceri ringraziamenti per le tante belle parole e per le foto pubblicate. Saluti cordiali. Flavio Conti, nipote di Giuseppe Folchi.
RispondiEliminaL'apprezzamento della famiglia e, particolarmente, delle "nuove" generazioni mi onora e lusinga.
EliminaGrazie
Paolo
Nice blog thhanks for posting
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