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martedì 12 giugno 2012

Giuseppe Antonio Folchi: artista poliedrico, padre e marito premuroso, "ucciso" a soli 51 anni da una banale caduta sulla neve. La città di Campobasso lentamente ne riscopre la genialità



Il Quotidiano del Molise
del 28/03/2012


di Paolo Giordano



Folchi ai tempi
del Futurblocco
La straordinaria nevicata di febbraio è oramai lontana. Anche gli ultimi residui nei campi sono scomparsi e restano solo rare vette imbiancate in lontananza. Si sono sciolti al sole anche i disagi e le paure per i pericoli legati alla neve che nell’immaginario collettivo è tornata ad essere candida, soffice e “buona”. Eppure il 17 marzo di ogni anno si rinnova un dolore indelebile: un’infida lastra di ghiaccio provocò la caduta che fu causa della morte prematura, a soli 51 anni, di Giuseppe Folchi, poliedrico genio che ancora tanto poteva donare alla sua Terra. Egli lasciò orfani i suoi 4 figli ai quali trasmise comunque nel D.N.A. un’inconfutabile vocazione artistica. Non è possibile “inquadrare” le peculiarità di Giuseppe Antonio. Egli fu pittore, fotografo, cineasta, giornalista, incisore, attore e, soprattutto, marito e padre. Casa Folchi in via Trieste, che fu un autentico cenacolo culturale, da sempre è un’esplosione di vita, di gioia, di persone indaffarate nelle più svariate attività. Anche questo modus vivendi è stato ereditato da quell’animo irrequieto, creativo e sognatore in continua ricerca e sperimentazione. Accoglienza, disponibilità ed amicizia albergano oggi, come allora, in quella villetta divenuta molto più triste da quando è scomparsa, quasi novantenne, l’indimenticabile mamma Colomba, affettuosa ed ospitale donna d’altri tempi.
nebbia mattutina
A tentare una sintesi… Folchi nacque pittore. Scoprì questa sua vocazione grazie ad una tavolozza con pennelli e colori regalatagli da Romeo Musa del cui figlio era fraterno amico. Oltre ad Arnaldo (Musa) ebbe come complici delle sue avventure artistiche Edmondo Pasquale, Ennio De Felice ed Antonio Trombetta. Agli inizi degli anni trenta del ‘900, insieme ai suoi, aderì al Futurblocco, un circolo di futuristi con cui partecipò alla mostra voluta da Marinetti nel 1933 a Roma. L’amore per la pittura fu una costante del Folchi che riportò nei quadri le sue passioni, le escursioni in montagna, lo sci, le passeggiate “en plein air”, affascinando –così– l’osservatore che spesso viene coinvolto in sensazioni di tristezza attraverso la trasposizione su tela della sua ricca interiorità. In Molise, in Italia e nel mondo organizzò e partecipò a svariate esposizioni che ospitarono importanti e famosi artisti locali e nazionali da Trivisonno a Guttuso.
verso le nuvole
Se il Musa fu per lui la Pittura Trombetta fu la Fotografia! Alfredo Trombetta incoraggiò con convinzione Peppe a cimentarsi in questa disciplina. Anche qui egli predilesse la Natura inserendo raramente l’essere umano. I paesaggi fotografati sono un costane omaggio alla sua Regione. Ovviamente non si limitò a “scattare” poiché allestì in casa un piccolo laboratorio per lo sviluppo condividendo con i figli quell’affascinante rito. Il Folchi fotografo si ritrovò senza accorgersene cineasta in un passaggio evolutivo quasi naturale. Ancora “complici” il Pasquale ed il De Felice, co-fondatori del “Cinegruppo” del Molise: esperienza sperimentale, preludio di ben altri successivi traguardi, in cui furono coinvolti oltre a giovani appassionati anche personalità del calibro di Ugo Tiberio, padre del radiotelemetro (prototipo del radar), che fu tra i soci onorari. Attraverso il “Cinegruppo”, oltre ad acquisire sempre maggiori competenze nel settore, ebbe modo di entrare in contatto con importanti esponenti del Cinema. Iniziò a frequentare Cinecittà vivendo tra Roma e Campobasso. Nei suoi rientri in Molise portò spesso con sé degli ospiti tra cui Germi, Ponteconvo e Scola. Fu proprio Pietro Germi, innamorato della piccola regione, a convincere Ferdinando Baldi affinché girasse un film in Molise. Per Folchi dopo tantissimi cortometraggi e documentari di ottima qualità iniziò una nuova sfida. Nel 1951 nell’area matesina tra Guardiaregia, San Polo Matese e Bojano, con la partecipazione degli abitanti del posto quali comparse, fu realizzato il primo film interamente “molisano”. 
ciak si gira!
Giuseppe ne fu sceneggiatore ed assistente alla regia. “Il prezzo dell’onore” con Maria Frau e Vincenzo Musolino malgrado il successo segnò, però, l’addio alla cinepresa dell’eclettico artista. I doveri di padre e marito lo costrinsero a ben altri ritmi, per cui da allora in poi limitò il suo estro a giornalismo e xilografia, oltre chiaramente alla pittura. Restò comunque sempre attivo nell’organizzazione di eventi culturali. Ogni volta che si “pensava” una manifestazione era impossibile non ricorre alla sua esperienza ed alla sua inventiva.
Nel marzo 1962 lo uccise una “banale caduta”. Eppure si era rialzato come se nulla fosse, ma nelle ore successive furono letali le conseguenze del colpo al capo. La sua Città gli ha, per ora, solo intitolato una strada periferica ed a ben riflettere è andata meglio che a tanti altri.
Questo excursus non vuole, e non può, essere un “trattato” su un personaggio tutto da indagare e studiare. Il desiderio è quello di suscitare curiosità e per raggiungere tale scopo si confida in un’importante alleata. Lina Wertmuller, che fu sua amica e collega, è riuscita a coglierne appieno l’immenso spessore umano e professionale: “Giuseppe non era uno sgomitatore, era un artista, un poeta, un padre affettuoso, un amico disinteressato, un pittore che arrivò al cinema dopo varie esperienze che documentò nei suoi lavori, rendendoli testimonianze del suo tempo e della sua anima.”


 Lina Wertmuller
paesaggio


visione autunnale

gioco di neve a villa dei Cannoni
(Campobasso)




































3 commenti:

  1. I miei più sinceri ringraziamenti per le tante belle parole e per le foto pubblicate. Saluti cordiali. Flavio Conti, nipote di Giuseppe Folchi.

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    Risposte
    1. L'apprezzamento della famiglia e, particolarmente, delle "nuove" generazioni mi onora e lusinga.
      Grazie

      Paolo

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