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venerdì 22 giugno 2012

Mephitis venerata nel Sannio, declassata dai romani.


Il Quotidiano del Molise
del 13/02/2011



di Paolo Giordano

Una conoscenza superficiale e manualistica porta a credere che le culture antiche fossero totalmente maschiliste e misogine. Ma desiderio di sapere ed amor patrio dovrebbero spingere i discendenti dei fieri sanniti a meglio indagare la propria Storia. Un importante Dea, venerata nel Sannio, era Mephitis, che una volta assorbita dal Pantheon romano venne tristemente ridotta a presiedere alle emanazioni solforose molto abbondanti in Italia. Associata, pertanto, all’odore emanato dalle mofete (emissione diretta di anidride carbonica da fratture del terreno) dal suo nome deriva il termine “mefitico”.
Ma in realtà Mefite significa “colei che sta nel mezzo” ed aveva il potere di fare da tramite, cioè da mediatrice. Divinità pacifica, in un’epoca difficile di violenze e guerre, sovrintendeva al “passaggio”: vita/morte, giorno/notte, caldo/freddo, regno dei vivi/oltretomba. Le sue corrispondenti nel mondo greco potrebbero essere Afrodite, Demetra e Persefone. Non a caso in epoca romana, a seguito di un’operazione di “riconversione”, molti templi agresti furono consacrati a Venere ed a Diana. Mefitis era protettrice delle sorgenti, degli armenti, dei campi e della fecondità. A lei erano affidati i mercati e lo scambio. Proprio nei Santuari, luoghi di incontro e mediazione, si generava la perfetta armonia tra venerazione e commercio. Il suo culto andò evolvendosi collegandola all’utilizzo delle acque termali e solforose ed alle loro proprietà benefiche e curative.
E’ attualmente in fase di indagine il rapporto con il mondo della transumanza, non essendo trascurabile un legame tra gli spostamenti delle greggi nei pascoli stagionali e la presenza di aree sacre dedicate alla Dea proprio ridosso dei tratturi.
Uno dei tanti Santuari a lei dedicati, che merita una particolare attenzione, è quello di San Pietro di Cantoni in agro di Sepino. Qui è stata rinvenuta la statuina ex voto in bronzo di un’affascinante giovane donna con in mano un uccello acquatico migrante. L’animale è simbolo dell’alternarsi delle stagioni. E’ riferimento ad una vicina zona umida e, di conseguenza, alle sorgenti simbolo della forza dell’acqua che sgorga dalla terra passando all’aria: ancora un “passaggio” sotto l’occhio amorevole della dea. Tutti i reperti di questo scavo, testimonianze del mondo agricolo e della transumanza, riconducono alla protettrice dell’universo femminile che presenziava alla vita dalla fecondazione al parto. Mefite assisteva la donna nelle attività quotidiane, proteggendo i suoi familiari nonché il lavoro necessario al sostentamento della famiglia e, quindi, dell’intera società.

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