Il Quotidiano del Molise del 22 settembre 2010 |
di Paolo Giordano
Il 25 e 26 settembre, in
occasione delle Giornate Europee del Patrimonio sono previste diverse
manifestazioni di alto profilo culturale tra cui “laboratori aperti”. L’evento “Statue lignee in Basso Molise” si
svolgerà a Campobasso. E’ nell’accogliente laboratorio di Fiorentina Cirelli,
in via Orefici, che il Ministero ha gratuitamente organizzato questo itinerario
per conoscere da vicino, durante i lavori di restauro, tre sculture esposte per
la prima (e forse unica) volta insieme.
Da San Giuliano di Puglia un
austero Sant’Antonio Abate coperto da un ampio mantello nero su cui spicca un tau rosso. Stringe nella mano destra un
bastone anch’esso con la forma di questo simbolo della Salvezza. Sul libro
della regola monastica, che regge con la mano sinistra, è evidente dove fosse
-l’oramai perduta- fiamma/Spirito Santo, segno tangibile sia delle azioni compiute
nella lotta contro il male e sia delle guarigioni dalle malattie
dell’ergotismo. Dalla base di questa statua del 1778, opera di Giovannitti da
Oratino, è scomparso il maiale/diavolo, che dopo essere stato sconfitto,
seguiva docilmente l’Abate. Gli Ospedalieri di Sant’Antonio avevano il
privilegio di allevare suini per nutrire gli ammalati e curarne con il grasso
l’herpes zoster.
Fiorentina Cirelli ed il San Giovanni del Colombo |
Da Colletorto l’imponente San
Giovanni Battista “vestito di peli di
cammello”. La scultura del XVIII secolo, in grandezza naturale (misura 1,90
mt), è attribuita alla maestria di Giacomo Colombo. Il manto che avvolge il Precursore di Gesù è
rosso per ricordarne il martirio. Sono presenti la croce e l’agnello, attributi
iconografici di valenza cristologia. Il braccio destro è alzato con il dito
elevato ad indicare l’Incarnazione del Figlio di Dio. Partendo
dall’osservazione della mano, scolpita con minuziosa cura, si procede
nell’apprezzare la qualità di tutta la realizzazione.
Dalla chiesa di San Rocco in
Montelongo la Madonna dell’Incoronata di Foggia. La Vergine è in trono su una
quercia, emblema della forza vitale e rigeneratrice della natura. Due angeli le
reggono la corona indice di regalità. Dopo la rimozione di uno strato di
vernice il manufatto è apparso di fattura migliore di quel che sembrasse.
L’incarnato non è chiaro, ma timidamente scuro. Infatti l’immagine venerata a Foggia,
sia per un dato etnico (Maria era palestinese) e sia perché rievoca la Dea
Madre o Cibele, riassorbita dal Cristianesimo, è una “Madonna nera”.
L’appuntamento previsto per la
fine di settembre è ambientato in uno spazio suggestivo, pur se ridotto, nel
centro storico cittadino. Il visitatore sarà a diretto contatto con i “ferri
del mestiere”, aggirandosi tra Madonne, Angeli, Santi e testimonianze
fotografiche dei tanti lavori conclusi. Potrà studiare da vicino le tre opere e
dialogare con i restauratori che hanno “curato” reperti di grande importanza
come la Maschera Sannita di Longano. Ma sono tantissimi gli oggetti d’arte
passati in questa bottega e che oggi, riportati a nuova vita, possono essere
ammirati nei musei, nelle chiese o nei prestigiosi palazzi di provenienza.
Fiore, come la chiamano in
famiglia, sorride quando le si domanda se teme un aumento della concorrenza,
sull’onda dell’entusiasmo che nascerà durante le visite. “E’ un lavoro
difficile e faticoso. La passione non basta se non è accompagnata da studio e
continua formazione. Ci vogliono pazienza e perseveranza. Insomma non è questa
la strada per la ricchezza, ma certamente è quella per l’arricchimento
interiore e per notevoli soddisfazioni professionali.”
Il Laboratorio di Via Orefici |
Breve "storia" dell'incoronata di Foggia
Strèccècapp e l'Incoronata
Tutti coloro che affrontavano le
incognite del lungo cammino della transumanza, prima di partire, si affidavano
al santo Patrono del loro paese praticando 40 ore di penitenza. Era d’obbligo,
però, prima del viaggio di ritorno, recarsi in pellegrinaggio presso il Santuario della Madonna Incoronata di
Foggia, protettrice dei pastori e delle greggi.
La tradizione risale all’ultimo
sabato di aprile del 1001. All’alba, nei pressi del torrente Cervaro che
costeggia l’omonimo bosco alle porte di Foggia, la Vergine apparve tra i rami
di una quercia al conte di Ariano Irpino. Invitò il nobiluomo a costruire una
chiesa in cui venerare un’immagine, probabilmente l’icona bizantina di una
Madonna dal volto nero, che era stata ritrovata in quello stesso giorno.Subito dopo sopraggiunse, pascolando i suoi buoi, un contadino-pastore di nome Strezzacappa (Strèccècapp) il quale appese la sua cardarella all’albero e, riempitala d’olio, la trasformò in una rustica lampada. L’umile agricoltore, poi, si inginocchiò per pregare.
Da allora fino ad oggi, lungo tutto il percorso tratturale è stato un proliferare di luoghi di culto dedicati all’Incoronata. Ma il fulcro di questa devozione mariana resta il Santurario alle porte del capoluogo dauno, dove l’ultimo sabato di aprile si festeggia con gran solennità il ricordo della miracolosa apparizione.
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