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sabato 23 giugno 2012

Via Orefici a Campobasso, "laboratori aperti" per le Giornate del Patrimonio (settembre 2010). Una passeggiata nel regno di Fiorentina Cirelli

Il Quotidiano del Molise
del 22 settembre 2010
di Paolo Giordano

Il 25 e 26 settembre, in occasione delle Giornate Europee del Patrimonio sono previste diverse manifestazioni di alto profilo culturale tra cui “laboratori aperti”. L’evento “Statue lignee in Basso Molise” si svolgerà a Campobasso. E’ nell’accogliente laboratorio di Fiorentina Cirelli, in via Orefici, che il Ministero ha gratuitamente organizzato questo itinerario per conoscere da vicino, durante i lavori di restauro, tre sculture esposte per la prima (e forse unica) volta insieme.
Da San Giuliano di Puglia un austero Sant’Antonio Abate coperto da un ampio mantello nero su cui spicca un tau rosso. Stringe nella mano destra un bastone anch’esso con la forma di questo simbolo della Salvezza. Sul libro della regola monastica, che regge con la mano sinistra, è evidente dove fosse -l’oramai perduta- fiamma/Spirito Santo, segno tangibile sia delle azioni compiute nella lotta contro il male e sia delle guarigioni dalle malattie dell’ergotismo. Dalla base di questa statua del 1778, opera di Giovannitti da Oratino, è scomparso il maiale/diavolo, che dopo essere stato sconfitto, seguiva docilmente l’Abate. Gli Ospedalieri di Sant’Antonio avevano il privilegio di allevare suini per nutrire gli ammalati e curarne con il grasso l’herpes zoster.
Fiorentina Cirelli
 ed il San Giovanni
del Colombo
Da Colletorto l’imponente San Giovanni Battista “vestito di peli di cammello”. La scultura del XVIII secolo, in grandezza naturale (misura 1,90 mt), è attribuita alla maestria di Giacomo Colombo. Il  manto che avvolge il Precursore di Gesù è rosso per ricordarne il martirio. Sono presenti la croce e l’agnello, attributi iconografici di valenza cristologia. Il braccio destro è alzato con il dito elevato ad indicare l’Incarnazione del Figlio di Dio. Partendo dall’osservazione della mano, scolpita con minuziosa cura, si procede nell’apprezzare la qualità di tutta la realizzazione.
Dalla chiesa di San Rocco in Montelongo la Madonna dell’Incoronata di Foggia. La Vergine è in trono su una quercia, emblema della forza vitale e rigeneratrice della natura. Due angeli le reggono la corona indice di regalità. Dopo la rimozione di uno strato di vernice il manufatto è apparso di fattura migliore di quel che sembrasse. L’incarnato non è chiaro, ma timidamente scuro. Infatti l’immagine venerata a Foggia, sia per un dato etnico (Maria era palestinese) e sia perché rievoca la Dea Madre o Cibele, riassorbita dal Cristianesimo, è una “Madonna nera”.
L’appuntamento previsto per la fine di settembre è ambientato in uno spazio suggestivo, pur se ridotto, nel centro storico cittadino. Il visitatore sarà a diretto contatto con i “ferri del mestiere”, aggirandosi tra Madonne, Angeli, Santi e testimonianze fotografiche dei tanti lavori conclusi. Potrà studiare da vicino le tre opere e dialogare con i restauratori che hanno “curato” reperti di grande importanza come la Maschera Sannita di Longano. Ma sono tantissimi gli oggetti d’arte passati in questa bottega e che oggi, riportati a nuova vita, possono essere ammirati nei musei, nelle chiese o nei prestigiosi palazzi di provenienza.
Fiore, come la chiamano in famiglia, sorride quando le si domanda se teme un aumento della concorrenza, sull’onda dell’entusiasmo che nascerà durante le visite. “E’ un lavoro difficile e faticoso. La passione non basta se non è accompagnata da studio e continua formazione. Ci vogliono pazienza e perseveranza. Insomma non è questa la strada per la ricchezza, ma certamente è quella per l’arricchimento interiore e per notevoli soddisfazioni professionali.”

Il Laboratorio di Via Orefici

 Breve "storia" dell'incoronata di Foggia
Strèccècapp e l'Incoronata

Tutti coloro che affrontavano le incognite del lungo cammino della transumanza, prima di partire, si affidavano al santo Patrono del loro paese praticando 40 ore di penitenza. Era d’obbligo, però, prima del viaggio di ritorno, recarsi in pellegrinaggio presso  il Santuario della Madonna Incoronata di Foggia, protettrice dei pastori e delle greggi.
La tradizione risale all’ultimo sabato di aprile del 1001. All’alba, nei pressi del torrente Cervaro che costeggia l’omonimo bosco alle porte di Foggia, la Vergine apparve tra i rami di una quercia al conte di Ariano Irpino. Invitò il nobiluomo a costruire una chiesa in cui venerare un’immagine, probabilmente l’icona bizantina di una Madonna dal volto nero, che era stata ritrovata in quello stesso giorno.
Subito dopo sopraggiunse, pascolando i suoi buoi, un contadino-pastore di nome Strezzacappa (Strèccècapp) il quale appese la sua cardarella all’albero e, riempitala d’olio, la trasformò in una rustica lampada. L’umile agricoltore, poi, si inginocchiò per pregare.
Da allora fino ad oggi, lungo tutto il percorso tratturale è stato un  proliferare di luoghi di culto dedicati all’Incoronata. Ma il fulcro di questa devozione mariana resta il Santurario alle porte del capoluogo dauno, dove l’ultimo sabato di aprile si festeggia con gran solennità il ricordo della miracolosa apparizione.


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