Il Quotidiano del Molise del 23 aprile 2012 |
di
Paolo Giordano
Non
sapremmo dire quanti abbiano notato nel polittico Quaratesi, dipinto nel 1425
da Gentile da Fabriano, un particolare che proietterebbe la nostra “piccola”
storia locale in quella più “grande” dalla “S” maiuscola. Tra i santi v’è un San
Giorgio con sullo spallaccio dell’armatura un’effige a noi ben familiare:
quella dei Monforte. Follia? Delirio? Supponiamo di no! Del resto, pur essendo
a quei tempi molto diffuso il culto verso il Santo, il glorioso cavaliere forse
annoverava già Campobasso tra le “sue protette”. Infatti prima dell’aprile
1661, anno in cui si istituì la festa di precetto, non risulta che a Campobasso
vi fosse un Patrono speciale. In quell’occasione si attestò che “ab
immemorabili” San Giorgio era “stato sempre tenuto e stimato per padrone et
protittore di detta terra”.
Lo
spallaccio, oltre a contenere una croce accantonata da quattro rose, coinciderebbe
anche nei colori con quanto asserito da Benedetto Croce: “rosso alla croce in
campo d’oro”. Ma che legame potrebbe esserci tra i nobili molisani e l’importante
famiglia Quaratesi? E’ basilare osservare che costoro abbandonarono i ghibellini diventando sostenitori della parte guelfa.
Quale nostro “conterraneo” ebbe contatti con la Toscana? Nel 1326 Riccardo di
Gambatesa è a Firenze dove, caduto gravemente malato in casa di Vanni
Bonaccorsi (in hospicio Vanni Bonaccursi civis Florentini), detta testamento. Trasmette
a suo nipote, Riccardello Monforte (Riccardo II), figlio della figlia e di
Giovanni Monforte, la maggior parte dei suoi beni stabilendo che aggiunga al
suo cognome quello dei Gambatesa. Riccardo (Viceré) aveva combattuto in Liguria
con re Roberto d’Angiò, quindi con la parte guelfa, la stessa dei Quaratesi.
Siamo però a cento anni prima dell’opera di Gentile ed il Gambatesa non ebbe
mai legami diretti con Campobasso. Vi fu poi fu Guglielmo (detto Lemmo), nipote
di Riccardo II, che “fu dal re Ladislao fatto consigliere di Stato, e suo
Viceré in Campagna di Roma e Maremma e fu il III conte di Campobasso” (Dissertazione
istorico critica della famiglia Monforte -1778). Di lui si hanno notizie in
Città fino al 1422, poi gli successe il figlio Nicola I. Nella predella del
Polittico sono raffigurate delle storie dalla vita di San Nicola, quella ai
piedi di San Giorgio è il Miracolo dei
pellegrini alla tomba del santo: chi vi si reca trova guarigione. Un riferimento
al Nicola di Campobasso? Tutto il ragionamento sembrerebbe trasudare fantasia…
ma forse la gloria militare ed il coraggio di un irreprensibile cavaliere come
Riccardo di Gambatesa, distintosi in tutta Italia per le sue gesta, nonché la
rettitudine dei suoi discendenti, unitamente ad un ipotizzabile duraturo legame
(anche di sangue) con le genti toscane, avrebbero potuto indurre i committenti
a rendere omaggio ai Monforte. Probabilmente per valore ed ardimento in
battaglia o forse per saggezza nel buon governo. O addirittura per onorare la
sepoltura del Condottiero molisano (della cui tomba non si ha traccia) e la cui
memoria potrebbe essere sopravvissuta per generazioni presso chi lo conobbe.
i due "stemmi" contrapposti |
Il
capolavoro di Gentile da Fabriano è attualmente smembrato e conservato in più
musei del mondo. E’ la realizzazione più importante del soggiorno fiorentino
dell'artista dopo la Pala Strozzi.
Insomma, con un singulto d’amor patrio ci piace veramente credere che quello
sulla spalla del “nostro” santo Patrono sia realmente il blasone del conte
Cola. Lo stemma che da 600 anni ci scruta dall’alto dell’inespugnabile
castello, simbolo della tanto amata Campobasso.
La predella con scene della vita di San Nicola |
Il San Giorgio di Gentile da Fabriano |
disegno del Cobelli da "Storia di Campobasso" di Vincenzo Eduardo Gasdia |