Il Quotidiano del Molise del 15 agosto 2012 |
articolo consultabile anche sul sito TORO Web
di Paolo Giordano
I pastori dell'Arcadia (opera di Poussin) |
Giovanni Mario Crescimbeni, noto anche con lo pseudonimo di
Alfesibeo Cario Custode Generale d’Arcadia,
291 anni or sono (1721) in “Notizie istoriche degli Arcadi morti” narra di “Oratino Boreatico ben tre volte onorato della carica di Collega”. In questi
giorni, in concomitanza del trecentenario della morte (15 agosto 1712), si è tornati
a parlare del “Protocustode delle
Campagne del Sannio; i quali Protocustodi sono istituiti per maggior comodo
degli Arcadi dimoranti nelle Provincie straniere”. Ma chi è l’importante
adepto di quell’Accademia dell’Arcadia,
che non fu solo scuola di pensiero ma vero e proprio movimento letterario, sviluppatosi
e diffusosi nella Penisola in risposta al “cattivo gusto” del Barocco? Egli è Giorgio Gizzarone, letterato
nato ad Oratino tra il 1660 ed il 1670, trasferitosi a Napoli e poi a Roma,
dove studiò e visse grazie all’insegnamento privato. Nella Caput Mundi
frequentò ambienti dotti riuscendo a conquistare, anche grazie alla benevolenza
del cardinale mecenate Pietro Ottoboni, posizioni rispettabili: “nelle tornate del Bosco Parrasio i suoi
componimenti furono sempre ascoltati con applauso, e soffisfazione
inesplicabile”.
Il cardinale Pietro Ottoboni |
A farlo riemergere dal silenzio, rivolgendo l’attenzione ad
un’epoca poco (se non per nulla) trattata negli studi sulla cultura molisana,
sono stati Dante Gentile Lorusso e Giovanni Mascia autori del libro “tra
Oratino e Arcadia – Giorgio Gizzarone, poeta del seicento”. Il testo, edito
dalla Regia Edizioni e presentato il nove agosto in piazza Chiesa ad Oratino,
ha l’indiscusso merito di aver superato il quasi invalicabile ostacolo della
mancanza di fonti archivistiche dirette. Con tenacia è stato ricostruito il
profilo del poeta utilizzando ogni minima traccia reperibile. Preziosissima si
è rivelata la Biblioteca Angelica di Roma dov’è depositato l’archivio
dell’Arcadia. In esso sono custodite poesie inedite, alcune delle quali senza
dubbio attribuibili al Gizzarone: 5 testi di cui quattro in napoletano. Il
ricorso al dialetto testimonia una scelta critica rispetto all’esperienza
linguistica toscaneggiante finalizzata al raggiungimento, per il “vernacolo”, della
dignità di Lingua. “La polemica era
contro l’ufficialità della letteratura aulica e toscana a vantaggio di un
filone che vedeva il canto popolare e plebeo prevalere in un contesto di
ricerca globale di forme e contenuti nuovi dopo l’esperienza barocca” (Sebastiano
Martelli). Il libro dei due studiosi apre un nuovo percorso di ricerca in una
delle tante “zone d’ombra”, di cui sembra essere ricca la Storia del Molise, a
causa della tendenza endemica che ci rende infingardi o peggio ancora affetti
da auto-disistima cronica.
Giorgio Gizzarone ritornò in Patria “colla dignità d’Archidiacono della Cattedrale di Boiano”. Purtroppo
quella nomina, che sembrava essere un importante passo nella carriera
ecclesiastica, fu a giudizio del Crescimbeni la sua fine: “assuefatto in Roma ad una vita civile, e piena di onesti, e lodevoli
divertimenti; così mal sofferendo la ritiratezza di que’ paesi, sopraffatto
alla fine dalla malinconia, non molti anni godé la dignità conseguita, essendo
venuto a morte nella più robusta età”. Non sappiamo se questa
interpretazione sia giusta o viziata dalla prospettiva di chi, vivendo altrove,
aveva maturato una forma di rifiuto per la Provincia. Una realtà così diversa e
lontana dai grandi centri della cultura. L’oblio in cui era caduto “Oratino
Boreatico” darebbe ragione ad Alfesibeo Cario. Il lavoro di Lorusso e Mascia,
invece, sembra asserire decisamente il contrario.
Pietro Melchiorre Ferrari Frugoni in Arcadia (Galleria Nazionale -Parma) |
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