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giovedì 16 agosto 2012

Giorgio Gizzarone torna a "parlare" grazie a Dante Gentile Lorusso e Giovanni Mascia

Il Quotidiano del Molise
del 15 agosto 2012
articolo consultabile anche sul sito TORO Web 


di Paolo Giordano

I pastori dell'Arcadia
(opera di Poussin)
Giovanni Mario Crescimbeni, noto anche con lo pseudonimo di Alfesibeo Cario Custode  Generale d’Arcadia, 291 anni or sono (1721) in “Notizie istoriche degli Arcadi morti” narra di “Oratino Boreatico ben tre volte onorato della carica di Collega”. In questi giorni, in concomitanza del trecentenario della morte (15 agosto 1712), si è tornati a parlare del “Protocustode delle Campagne del Sannio; i quali Protocustodi sono istituiti per maggior comodo degli Arcadi dimoranti nelle Provincie straniere”. Ma chi è l’importante adepto di quell’Accademia dell’Arcadia, che non fu solo scuola di pensiero ma vero e proprio movimento letterario, sviluppatosi e diffusosi nella Penisola in risposta al “cattivo gusto” del Barocco? Egli è Giorgio Gizzarone, letterato nato ad Oratino tra il 1660 ed il 1670, trasferitosi a Napoli e poi a Roma, dove studiò e visse grazie all’insegnamento privato. Nella Caput Mundi frequentò ambienti dotti riuscendo a conquistare, anche grazie alla benevolenza del cardinale mecenate Pietro Ottoboni, posizioni rispettabili: “nelle tornate del Bosco Parrasio i suoi componimenti furono sempre ascoltati con applauso, e soffisfazione inesplicabile”. 
Il cardinale Pietro Ottoboni
A farlo riemergere dal silenzio, rivolgendo l’attenzione ad un’epoca poco (se non per nulla) trattata negli studi sulla cultura molisana, sono stati Dante Gentile Lorusso e Giovanni Mascia autori del libro “tra Oratino e Arcadia – Giorgio Gizzarone, poeta del seicento”. Il testo, edito dalla Regia Edizioni e presentato il nove agosto in piazza Chiesa ad Oratino, ha l’indiscusso merito di aver superato il quasi invalicabile ostacolo della mancanza di fonti archivistiche dirette. Con tenacia è stato ricostruito il profilo del poeta utilizzando ogni minima traccia reperibile. Preziosissima si è rivelata la Biblioteca Angelica di Roma dov’è depositato l’archivio dell’Arcadia. In esso sono custodite poesie inedite, alcune delle quali senza dubbio attribuibili al Gizzarone: 5 testi di cui quattro in napoletano. Il ricorso al dialetto testimonia una scelta critica rispetto all’esperienza linguistica toscaneggiante finalizzata al raggiungimento, per il “vernacolo”, della dignità di Lingua. “La polemica era contro l’ufficialità della letteratura aulica e toscana a vantaggio di un filone che vedeva il canto popolare e plebeo prevalere in un contesto di ricerca globale di forme e contenuti nuovi dopo l’esperienza barocca” (Sebastiano Martelli). Il libro dei due studiosi apre un nuovo percorso di ricerca in una delle tante “zone d’ombra”, di cui sembra essere ricca la Storia del Molise, a causa della tendenza endemica che ci rende infingardi o peggio ancora affetti da auto-disistima cronica.
Giorgio Gizzarone ritornò in Patria “colla dignità d’Archidiacono della Cattedrale di Boiano”. Purtroppo quella nomina, che sembrava essere un importante passo nella carriera ecclesiastica, fu a giudizio del Crescimbeni la sua fine: “assuefatto in Roma ad una vita civile, e piena di onesti, e lodevoli divertimenti; così mal sofferendo la ritiratezza di que’ paesi, sopraffatto alla fine dalla malinconia, non molti anni godé la dignità conseguita, essendo venuto a morte nella più robusta età”. Non sappiamo se questa interpretazione sia giusta o viziata dalla prospettiva di chi, vivendo altrove, aveva maturato una forma di rifiuto per la Provincia. Una realtà così diversa e lontana dai grandi centri della cultura. L’oblio in cui era caduto “Oratino Boreatico” darebbe ragione ad Alfesibeo Cario. Il lavoro di Lorusso e Mascia, invece, sembra asserire decisamente il contrario.

Pietro Melchiorre Ferrari
Frugoni in Arcadia (Galleria Nazionale -Parma)





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